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Biden benedetto anche dal Papa. Trump: la riscossa parte dalla Georgia

Il dem nomina il capo di gabinetto: è Klain, già a capo della crisi per Ebola. Il tycoon pensa a una sua tv anti Fox ed è pronto a firmare decreti a raffica

Biden benedetto anche dal Papa. Trump: la riscossa parte dalla Georgia

New York. Inizia a prendere forma la probabile squadra di governo di Joe Biden, quando a oltre una settimana dal voto contestato che ha assegnato la presidenza al democratico, Donald Trump prosegue la sua battaglia legale ma guarda anche al futuro, con l'idea di realizzare un network digitale con cui fare opposizione e preparare la nuova cavalcata elettorale. La prima scelta del presidente eletto è quella di nominare Ron Klain come capo di gabinetto, uno dei ruoli più importanti all'interno dell'amministrazione americana. Veterano di Washington e collaboratore di vecchia data di Biden, Klain è al suo fianco già dagli anni Ottanta, quando guidava la commissione Giustizia del Senato. Durante la vice presidenza è stato il suo chief of staff, e responsabile della risposta alla crisi dell'Ebola. «Ron è stato preziosissimo durante gli anni in cui abbiamo lavorato insieme, incluso quando abbiamo salvato l'economia Usa nel 2009 da una delle peggiori recessioni della storia» dice Biden: «La sua profonda esperienza e la sua capacità di lavorare con gli altri è precisamente quello di cui ho bisogno dal capo di gabinetto della Casa Bianca». Ieri Biden ha parlato con Papa Francesco, a cui ha espresso il suo apprezzamento per la «leadership del pontefice nella promozione della pace, della riconciliazione e dei comuni legami di umanità nel mondo».

Trump rilancia su Twitter le critiche di molti suoi sostenitori contro Fox News, da cui si sente tradito. E per il sito Axios ora intende lanciare un nuovo canale digitale online con l'obiettivo di «affondare» l'emittente di Rupert Murdoch. Un canale digitale in streaming sarebbe più economico e più veloce da avviare rispetto ad uno via cavo, e l'inquilino della Casa Bianca punterebbe a sottrarre abbonati a Fox facendo leva sul proprio database elettorale di contatti email e telefonici. Il Washington Post riporta che l'ira di The Donald si è scagliata pure contro la Food and Drugs Administration (Fda) per la diffusione dei risultati dei test di Pfizer sul vaccino per il coronavirus, arrivati dopo le elezioni, che dimostra come il «deep state» dei medici abbia deliberatamente cercato di sabotare la sua corsa.

Sul fronte della battaglia legale, invece, sostiene che «con il software Dominion sono stati cancellati 2,7 milioni di voti per lui in tutto il paese». «L'analisi dei dati rileva 221mila voti in Pennsylvania passati da Trump a Biden - twitta - 941mila voti per Trump cancellati. Gli stati che utilizzano il sistema Dominion hanno scambiato 435mila voti tra Trump e Biden». Affermazioni non dimostrate, ma per cui il suo team di avvocati sostiene di avere le prove. «Vinceremo» é poi tornato a ribadire: «Perché la North Carolina ci mette tanto? Stanno cercando altre schede per sistemare anche questa? Ora con il riconteggio vinceremo pure la Georgia». Il tycoon avrebbe informato gli alleati non solo della volontà di ricandidarsi nel 2024, ma di annunciare la corsa per il ritorno alla Casa Bianca già entro la fine dell'anno. Negli ultimi due mesi nello Studio Ovale - riporta Politico - il Commander in Chief intende firmare una raffica di decreti esecutivi su immigrazione, commercio, sanità, Cina e scuola.

Il capo di gabinetto Mark Meadows ha chiesto ai consiglieri di individuare una serie di obiettivi raggiungibili entro l'insediamento di Biden (il 20 gennaio) e per ora è stata messa a punto una lista di 15 mosse. Tra queste la finalizzazione della stretta sui visti H-1B, che consentono ai datori di lavoro di assumere temporaneamente personale straniero specializzato. Ma anche l'assegnazione di fondi Covid ai genitori di alunni le cui scuole sono state chiuse per la pandemia, da utilizzare per mandare i figli in istituti privati o parrocchiali. Possibili azioni anche contro Pechino. Si tratta una strategia a cui spesso ricorrono i presidenti in uscita: nel 2008, quando George W.

Bush stava arrivando a fine mandato, la sua amministrazione concluse 105 provvedimenti, mentre nel 2016 Obama ne portò a termine 127.

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