Guerra in Israele

Biden in pressing su Bibi. "Non entriamo in guerra". Il G7 condanna l'attacco. "Ma evitare l'escalation"

Joe Biden frena Benjamin Netanyahu su un eventuale contrattacco nei confronti dell'Iran

Biden in pressing su Bibi. "Non entriamo in guerra". Il G7 condanna l'attacco. "Ma evitare l'escalation"

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Joe Biden frena Benjamin Netanyahu su un eventuale contrattacco nei confronti dell'Iran. Il presidente americano, nella telefonata avvenuta nella notte con il premier israeliano, ha definito le intercettazioni di quasi tutti gli oltre 300 missili e droni lanciati dall'Iran «una vittoria». «Gli ho detto che Israele ha dimostrato una notevole capacità di difendersi e sconfiggere anche attacchi senza precedenti, inviando un chiaro messaggio ai suoi nemici che non possono minacciare efficacemente la sicurezza dello stato ebraico», ha spiegato Biden.

Il comandante in capo ha ribadito il sostegno «incrollabile» dell'America alla sicurezza di Israele, e la condanna «nei termini più duri» dell'attacco «senza precedenti» di Teheran. Ma secondo fonti della Casa Bianca ha pure detto all'alleato che gli Stati Uniti non sosteranno un eventuale contrattacco e non parteciperanno a nessuna operazione offensiva. Una posizione che, stando alle fonti, il premier avrebbe capito.

Privatamente Biden ha espresso il timore che Bibi stia cercando di trascinare gli Usa in un conflitto più ampio in Medioriente, con conseguenze catastrofiche che lui vuole assolutamente evitare. Come ha ribadito il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, «il presidente è stato chiaro: non vogliamo un'escalation e non vogliamo una guerra prolungata con l'Iran. Penso che le prossime ore e i prossimi giorni ci diranno molto».

Anche dal vertice in video conferenza dei leader del G7 convocato dalla premier Giorgia Meloni è arrivato un messaggio unanime «sull'esigenza di evitare un'ulteriore escalation, invitando le parti ad astenersi da azioni volte ad acuire la tensione nella regione». Con le sue mosse, «Teheran ha compiuto ulteriori passi verso la destabilizzazione e rischia di provocare un'escalation incontrollabile. Questo deve essere impedito», hanno affermato ancora nella dichiarazione, esprimendo una «condanna in modo inequivocabile e nei termini più forti dell'attacco» della Repubblica islamica. Inoltre, i G7 hanno assicurato l'impegno a «lavorare per stabilizzare la situazione», e in questo spirito hanno chiesto «che l'Iran e i suoi alleati cessino i loro attacchi. Siamo pronti ad adottare ulteriori misure ora e in risposta ad altre iniziative destabilizzanti».

Ad ora la ritorsione di Teheran per l'attacco israeliano del 1° aprile al suo consolato di Damasco rimane circoscritta poiché né l'Iran, né tanto meno gli Stati Uniti, vogliono impegnarsi in una guerra aperta. Bisognerà tuttavia attendere di capire le intenzioni di Benjamin Netanyahu, che pare l'unico a cui convenga un allargamento del conflitto per distrarre dai problemi interni.

E il punto è proprio capire come si comporterebbe Washington nel caso in cui il premier decidesse comunque di contrattaccare. Tel Aviv, intanto, ha chiesto la convocazione di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che si è tenuta ieri pomeriggio (la tarda serata italiana): l'ambasciatore iraniano al Palazzo di Vetro, Saed Iravani, ha fatto sapere che l'attacco contro Israele «rientra nell'esercizio del diritto all'autodifesa sancito nell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite».

E che per loro «la questione può considerarsi chiusa così, ma se il regime israeliano commetterà un nuovo errore, la risposta sarà considerevolmente più dura».

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