
Non è solo un'affermazione provocatoria: è una diagnosi storica. Davvero il sistema liberale è sotto assedio? Al cuore, c'è la crisi della classe media, che stritolata dai costi non riesce più a essere perno della stabilità democratica e motore sociale. La crisi ha generato risentimento, polarizzazione e perdita di fiducia. L'assedio è sia dal basso che dall'alto. L'accesso all'informazione si è ampliato, ma non la capacità critica. In molti contesti, l'algoritmizzazione dell'informazione ha rafforzato le bolle cognitive e indebolito la possibilità di formare un'opinione pubblica informata, pilastro del liberalismo classico. Inoltre, organizzazioni come Onu o Oms sono spesso entità opache dove le democrazie siedono accanto a regimi autoritari. Così la democrazia, per legittimare un ordine internazionale, negozia con chi nega i suoi stessi principi. In più nelle democrazie troviamo nostalgie autoritarie che testimoniano il fallimento di memoria ed educazione politica. Esistono élite occidentali, formate o compromesse in un tempo ideologico, che occupano ruoli chiave e che, in tempi di guerra tiepida, possono ostacolare la tenuta del liberalismo per miopia o convenienza personale.
La crisi del liberalismo è anche la crisi dell'Europa perché il liberalismo europeo ha una radice più antica, profonda e colta. Negli Stati Uniti si è sviluppato come ideologia della frontiera, della libertà individuale assoluta e del pragmatismo. In Europa, invece, è nato nel crogiolo della filosofia, della politica, della tensione tra ordine e libertà e può offrire una versione più solida e umanista. Ma per rigenerarsi l'Europa ha bisogno di un racconto trainante con al centro un'idea all'altezza della sua Storia. Non solo "l'Europa di mercato", ma "l'Europa di destino e civiltà": figlia di Atene, Roma, Gerusalemme, dell'Illuminismo e della libertà. Non un territorio da gestire, ma un'eredità da incarnare, fatta di cultura, valori e confini.
Oggi l'Europa, senza una sua narrazione egemone, è un corpo senz'anima.
E occorre il coraggio intellettuale di dire che la narrazione fondativa dell'Europa può essere scritta solo da chi riconosce l'Europa come propria, nel senso più profondo e integrale del termine. Non per chiusura, ma per radicamento. Una pianta sradicata non dà frutti, e una civiltà che si vergogna della sua Storia è senza futuro. Perciò siamo all'ultimo bivio.