Questa non se l'aspettavano. Luigi Di Maio e Matteo Salvini pensavano proprio d'aver provveduto a tutto e, alla fine, d'aver scansato sgambetti, trabocchetti, colpi a sorpresa. Poi, come fulmine a ciel sereno, la frenata del Colle dell'altra sera. «Roba giuridica, disorientamento da vecchia guardia, passerà», si erano detti più o meno a mo' di rassicurazione nell'incessante flusso di coscienza (para)giovanile che li rinsalda, rianimandoli, con il tramite di whatsapp.
Invece no, il cattivo giorno s'è visto dal mattino. Allorquando è cominciata a vacillare la granitica figura professionale del professor Conte. «Questa proprio no, e che c.!», il primo commento a caldo del capo leghista. «Porca vacca, ma perché camuffare il curriculum? Che bisogno aveva?», la risposta d'un Di Maio che trasecolava a sua volta. Man mano che la situazione precipitava, la preoccupazione che il governo Giamaica potesse finire in fumo ha preso il posto dello sbigottimento. I due hanno perciò deciso di superare il virtuale, incontrandosi lontano da Montecitorio per depistare i cronisti, «in una mensa» (non meglio precisata dagli uffici stampa, ma evidentemente in linea con la linea del sovranismo pop in voga, che centellina l'uso di normali ristoranti). Sarà stata la tristezza del vassoio e del buffet, saranno state le implacabili notizie sul curriculum di Conte, ma il clima non era esattamente dei migliori. La scelta della mensa ha fatto subito presa sui segugi del giornalismo, così da accreditare anche la presenza di Conte al desco, in un contesto universitario. Doveva essere il chiarimento a tre, con il professore sul banco dei colpevoli. Ma Di Maio ha subito smentito la presenza dell'imputato: «Ho visto solo Salvini, stiamo cercando di fare un esecutivo... Conte? No, non c'era. Le polemiche sui suoi corsi universitari? Non sanno più che cosa inventarsi contro di lui...», ha minimizzato il capo politico di 5S.
Segno che l'incontro con il dioscuro leghista non è andato proprio al meglio: la débâcle di Conte aveva infatti convinto Di Maio a riprovare ancora sul proprio nome. L'offerta sarebbe stata assai vantaggiosa, per Salvini: «Se accetti che vada io a Palazzo Chigi, non solo chiudiamo la bocca a tutti quelli che non vogliono farci partire, ma accontentiamo il presidente Mattarella, che vuole un candidato premier presentatosi alle elezioni come tale e votato dagli italiani. In cambio, potremmo ottenere il via libera per Giorgetti all'Economia. Con te agli Interni, non dovreste avere alcun problema...». Salvini non ha abboccato, neppure stavolta. «Scusa Luigi, non è per te... Ma siamo andati troppo oltre, non potrei spiegarlo ai miei, la vedrebbero come una sconfitta della Lega. Per anni ci siamo sentiti succubi di Forza Italia e ora, vedersi gregari di un premier grillino, esordiente per giunta... No, proprio non si può». Ne è uscita così la blindatura del nome fatto al Quirinale, quello del chiacchieratissimo professore. «O lui o salta tutto», ha sigillato ancora una volta il patto Salvini. «Un incontro costruttivo e positivo», è stata la nota al cloroformio uscita da ambienti leghisti, secondo i quali al centro del colloquio ci sarebbero stati più che altri i temi relativi alla composizione della squadra di governo. In particolare, la valutazione di altri possibili candidati all'Economia, considerata l'opposizione del Colle nei confronti di Paolo Savona.
Sul resto della squadra, che secondo i progetti dei due contraenti il professor Conte dovrebbe presentare a Mattarella dopo l'incarico, le caselle fisse sembrano restare quella di Salvini (Interno), Di Maio (Sviluppo-Lavoro), Massolo (Esteri), Fontana (Difesa), Bonafede (Giustizia). Giorgetti comunque confermato uomo-forte alla Presidenza del Consiglio: sottosegretario con delega per i Servizi.
Nella spartizione degli altri sette ministeri con portafoglio, visto che non si vuole superare il numero di 12, massimo 13 dicasteri, in pole per la Sanità resta la Grillo, per l'Ambiente Borgonzoni, per l'Agricoltura Molteni e per l'Istruzione Vago. Per i Trasporti il leghista Candiani potrebbe superare la concorrenza grillina di Carelli, cui toccherebbero i Beni culturali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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