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Bocciati i ricorsi di Cospito. "Conosce i rischi del digiuno"

Il Tribunale ha rigettato la richiesta dei domiciliari. L'anarchico: "Me l'aspettavo, mi negano pure i libri"

Bocciati i ricorsi di Cospito. "Conosce i rischi del digiuno"

Alfredo Cospito non è per niente matto, dicono i giudici. Se è ridotto al lumicino per uno sciopero della fame che dura ormai da cinque mesi, questa è una sua scelta lucida, deliberata e strumentale. Consentirgli di lasciare il carcere per gli arresti domiciliari sarebbe una resa. Resti al 41 bis, sottoposto a un trattamento che «non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena».

Sono bastati due giorni, a cavallo del fine settimana, perché l'anarchico pluricondannato vedesse svanire l'ultimo spiraglio ancora aperto per essere sottratto al trattamento di massima sicurezza. Le sue istanze di arresti domiciliari presentate in contemporanea ai tribunali di Milano e Sassari vengono respinte in contemporanea e con motivazioni quasi identiche. Dall'ospedale San Paolo, dove si trova ricoverato dal 6 marzo, Cospito fa sapere di non essersi fatto troppe illusioni: «me lo aspettavo», dice. E preferisce protestare perché, dopo tre settimane dalla richiesta, non gli è stato ancora consegnato il libro di Jorge Luis Borges di cui ha fatto domanda: «questa cosa mi fa arrabbiare».

Niente scarcerazione, niente sospensione dello sciopero della fame. La vicenda appare sempre più priva di vie d'uscita, e a meno di ripensamenti (improbabili) di Cospito un esito drammatico si fa sempre più possibile. I giudici milanesi, presieduti da Giovanna Di Rosa, durante l'udienza in ospedale di venerdì avevano tentato invano di far capire a Cospito che non c'erano grandi speranze, e di convincerlo a riprendere a alimentarsi. Niente da fare.

Così al tribunale non resta che prendere atto della realtà, proprio partendo dalla lucidità dell'anarchico, apparsa evidente durante le due ore di udienza. Cospito, si legge nell'ordinanza milanese, non presenta «alterazioni nè della percezione né acuzie psichiatriche e appare consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione del regime dietetico». Per questo, spiegano i giudici di Sassari, premiare il suo digiuno con la scarcerazione sarebbe impensabile: «non è infatti ammissibile che si possa dare rilievo giuridico a condotte strumentali del detenuto che rifiuti le cure o si cagioni, con l'astensione dal cibo, una condizione di grave malattia al fine di conseguire il rinvio dell'esecuzione carceraria». Aggiunge il tribunale di Milano: «La strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa, al pari della motivazione che ha indotto la forma di protesta». Il «grave rischio soprattutto di complicanze cardiologiche, neurologiche e metaboliche» causato dal prolungato digiuno può trovare nel reparto carcerario dell'ospedale «il più attento monitoraggio clinico concepibile».

Di fronte alla prevista bocciatura dell'istanza, il difensore di Cospito spiega che si trattava in realtà di un passaggio obbligato per poi potersi rivolgere all'unico organismo ancora in grado di intervenire a favore dell'anarchico, la Corte europea dei diritti dell'uomo. Ma anche qui è difficile intravvedere varchi, sia perchè i tempi medi di attesa per le decisioni di Strasburgo sono molto più lunghi delle chance di sopravvivenza di Cospito, sia perché la Corte ha già più volte riconosciuto che il 41 bis non è contrario alle convenzioni europee.

Buio fitto, dunque, con Cospito che aspetta il suo Borges, la politica di fatto tagliata fuori dalla vicenda (l'unico che poteva allentare il trattamento di Cospito, il ministro Carlo Nordio, ha scelto di non intervenire) e la magistratura schierata in modo compatto contro le pretese dell'anarchico.

Una lunga catena di errori - primi in ordine di tempo quelli della Procura generale di Torino e del ministro dell'epoca Marta Cartabia, che firmò il decreto che spediva senza vero motivo Cospito al 41 bis - rischia di trasformare un esaltato in un martire, con le immaginabili conseguenze sull'ordine pubblico.

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