L'esercito degli «abusivi» resiste in Parlamento. Laura Boldrini non scioglie (per l'ennesima volta) i gruppi che non raggiungono la quota minima di venti deputati. Di proroga in proroga, in barba ad austerity e regolamenti, i gruppetti parlamentari continuano a intascare i soldi dei cittadini.
Il presidente della Camera dei Deputati, troppo impegnato a chiedere l'annullamento del voto democratico a Sermide e Felonica, in provincia di Mantova, per la presenza di una lista civica che richiama il simbolo del fascio littorio, dimentica di far rispettare le norme dei propri uffici che disciplinano la costituzione di un gruppo parlamentare.
Quattro sigle (Civici e Innovatori, Democrazia Solidale-Centro Democratico, Scelta Civica-Ala, Sinistra Italiana-Sinistra Ecologista) non rispettano i requisiti stabiliti dal regolamento della Camera per mantenere in vita un gruppo. Se al Senato il presidente Pietro Grasso ha immediatamente sciolto il gruppo Riformisti e Conservatori di Raffaele Fitto, appena è sceso al di sotto della soglia minima di dieci senatori, a Montecitorio, la Boldrini non ha fretta di tagliare le spese, eliminando i gruppi «abusivi».
Il presidente della Camera ricorre allo strumento della proroga per consentire ai gruppi «fantasma» di continuare a usufruire di fondi e privilegi. L'ultima proroga concessa ai Civici e Innovatori è scaduta il 31 maggio. Gli ex montiani sono sedici, meno quattro dalla soglia minima per esistere come gruppo: ma non è un problema per la Boldrini che continua a chiudere gli occhi. I Civici e Innovatori sono in ottima compagnia. Nelle identiche condizioni si trovano almeno altri tre gruppi: Democrazia Solidale-Centro Democratico che ha 13 deputati, Scelta Civica- Ala che di parlamentari ne conta 16 e Sinistra ecologista-Sinistra Italiana che si ferma 17 deputati. Regolamento alla mano, senza deroghe e proroghe, i quattro gruppi vanno, immediatamente, cancellati. Le norme interne (articolo 14 del regolamento) di Montecitorio fissano a venti deputati la soglia minima per costituire un gruppo. E accedere, di conseguenza, ai benefit (fondi, auto, rimborsi e personale). In ogni caso, l'ufficio di presidenza della Camera può autorizzare la costituzione di un gruppo con meno di venti iscritti purché questo rappresenti un partito organizzato nel paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno venti collegi, proprie liste di candidati, le quali abbiano ottenuto almeno un quoziente in un collegio ed una cifra elettorale nazionale di almeno 300mila voti di lista validi.
È il caso di Fratelli d'Italia ma anche della Lega Nord che pur presentandosi con proprie liste alle ultime elezioni politiche del 2013 non hanno raggiunto la soglia minima dei venti parlamentari eletti: il partito di Giorgia Meloni ne ha 11, il Carroccio 19. In quel caso, scatta la deroga al regolamento. Deroga discutibile ma legittima. La Boldrini è andata oltre, concedendo la deroga alla deroga. Il numero uno di Montecitorio ha autorizzato il «salvataggio» di gruppi nati successivamente alle elezioni, in seguito a cambi di casacca e scissioni.
Ma quanto costano agli italiani le deroghe della Boldrini? Secondo l'osservatorio civico Openpolis gli abusivi costano alle casse dello Stato ogni anno per le funzioni istituzionali circa 5 milioni di euro. Cinque milioni di buone ragioni per obbligare la presidente della Camera a far rispettare il regolamento e procedere allo scioglimento dei gruppi fantasma.
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