"Dietro la bomba c'è la criminalità comune legata a Ostia, gli albanesi che importano droga dalla Colombia o al massimo alla 'ndrangheta collegata al business dell'eolico. L'ordigno era artigianale e non troppo sofisticato, chi l'ha messo non voleva uccidere ma solo lanciare un avvertimento". L'indiscrezione di uno degli inquirenti che sta lavorando all'indagine sull'attentato di Pomezia del 16 ottobre scorso a Sigfrido Ranucci spazza via le illazioni sul "mandante politico" - a cui neanche il conduttore di Report ha mai realmente creduto - e respinge al mittente le accuse (neanche troppo velate) di chi a sinistra insiste ad accostare il governo con questa spaventosa intimidazione.
Dopo il pezzo del Giornale sulle indagini, in mano al pm antimafia Carlo Villani e coordinate dall'aggiunto Ilaria Calò, Fratelli d'Italia è insorta. Non c'è solo l'interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio del senatore Alberto Balboni ad accendere i riflettori sul fascicolo aperto in Procura per "danneggiamento aggravato dal metodo mafioso". "Noto una certa asimmetria tra l'enfasi mediatica sulla bomba e il silenzio tombale sulle indagini", sottolinea il senatore Fdi Gianni Berrino della Vigilanza Rai. Ieri si sono mossi anche i meloniani Riccaro de Corato, Grazia Di Maggio, Raffaele Speranzon e Marco Perissa: "C'è chi cavalca la pista politica per attaccare il governo, serve chiarezza perché altrimenti il sospetto che i ritardi della Procura non siano casuali ma strategici rischierebbe di diventare certezza", dicono gli esponenti meloniani. "Si tratta di indagini delicatissime - sottolinea un altro inquirente - il riserbo è massimo per salvarne gli esiti", non per avvalorare fantomatiche piste.
Ecco perché, dopo aver acquisito la trascrizione dell'audizione in Antimafia Ranucci potrebbe essere nuovamente convocato in Procura. Anziché smentire la delirante ipotesi del mandante "politico" come ha fatto in chiaro sin dal primo giorno, Ranucci ha preferito andare in "secretata" - alimentando così le illazioni - per rispondere al senatore M5s ed ex pm Roberto Scarpinato, che accostava la bomba ai presunti pedinamenti dai servizi segreti subiti da Ranucci dopo due puntate di Report (una sulle stragi e una sul padre di Giorgia Meloni). Pedinamenti ispirati a suo dire dal sottosegretario a Palazzo Chigi Giovambattista Fazzolari, talmente infuriato per questa stravagante ricostruzione da aver già presentato querela.
Ma prima del nuovo interrogatorio potrebbero esserci altri sviluppi. Sono a buon punto le analisi delle immagini delle oltre trenta telecamere di sicurezza per ricostruire il percorso della Panda scura o nera, il veicolo con a bordo l'uomo incappucciato - probabilmente un uomo dell'Est Europa con una buona perizia sull'uso degli esplosivi - che lo scorso 16 ottobre avrebbe collocato la bomba carta potenziata davanti al cancello di casa Ranucci a Campo Ascolano, tra la Ford Ka della figlia e la sua Opel Adam.
Sono giorni che la Digos e i carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati e di via In Selci lavorano ventre a terra per rimettere a posto i pezzi del puzzle. "La bomba è esplosa alle 22.17, non è un orario causale", ci spiega un investigatore. A quell'ora le celle della zona intercettano migliaia di telefonini, di notte - quando ci sono stati altri recenti attentati in zona - sarebbero stati molto meno. "Non credo che chi ha messo la bomba avesse con sé il cellulare, ma forse chi gli ha dato l'ok con Ranucci in casa sì".
Dalle primissime indagini sembrerebbe che l'ordigno non fosse così sofisticato ma molto artigianale. "È tipico più della criminalità comune", spiega ancora l'inquirente. Il filo rosso che lega le tre ipotesi (racket, Ostia, mafia) porta agli albanesi e rimanda agli attentati a palestre, lidi, negozi e ristoranti che da mesi infiammano il litorale romano. "Colpa dei nuovi affidamenti delle spiagge decisi del Campidoglio", suggerisce chi conosce la zona. Si riparla dei clan che si contendono lo spaccio e dei locali strappati ai mafiosi.
Difficile che qualcuno da fuori sia stato ingaggiato su commissione, mai i clan che si fanno la guerra a Ostia potrebbero permettersi di intimidire un obiettivo così sensibile. E per dirgli cosa? "Avvisarlo, non imbavagliarlo". Ma gli è andata malissimo.