Spesso evocata dai partiti di sinistra come bacchetta magica per risolvere i mali del mondo, in realtà la patrimoniale ha una tradizione di applicazioni a dir poco deludenti. Di là delle considerazioni su quanto sia iniquo tassare patrimoni su cui si sono già pagate a suo tempo le tasse, il fatto è che anche un prelievo dell'1% su chi ha un patrimonio superiore a 2 milioni (come propone il segretario della Cgil, Maurizio Landini) rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang in un mondo con mercati finanziari globalizzati e Paesi che fanno a gara per accaparrarsi capitali stranieri con politiche fiscali favorevoli.
Anche in Francia la sinistra ha riportato in auge la "tassa Zucman", che è la proposta di un prelievo del 2% sui patrimoni oltre i 100 milioni di euro che porterebbe a un gettito di 20 miliardi (poco meno della "tassa Landini", che sogna incassi per 26 miliardi). Peccato che diversi economisti tra i quali Christian Gollier, direttore e fondatore Toulouse School of Economics, abbia più realisticamente stimato un incasso da 5 miliardi perché certe stime ottimistiche non tengono conto delle contromosse dei contribuenti, dell'elusione, della migrazione all'estero e della crisi di fiducia che ne deriverebbe oltre al fatto che i calcoli per il possibile gettito spesso si basano su classifiche internazionali con numeri stragonfiati. Non è un caso che, nel 2017, il presidente francese Emmanuel Macron abbia abolito la vecchia "Imposta di Solidarietà" già stroncata dall'economista Eric Pichet che, in un report, ha stimato una perdita di base imponibile di 200 miliardi in un ventennio proprio a causa della fuga all'estero dei capitali. In Svezia la wealth tax è stata abolita nel 2007 proprio perché induceva i ricchi a fuggire altrove creando disincentivi agli investimenti e all'accumulazione della ricchezza. Oltre al fatto che, essendo complesso stimare il valore reale dei patrimoni, era poco efficiente e generava introiti modesti per i costi di controllo che richiedeva. Un caso non meno illustre e oltretutto più recente è quello della Gran Bretagna, dove nel partito laburista guidato da Keir Starmer ci sono forti spinte per applicare un prelievo del 2% a chi ha un patrimonio di almeno 10 milioni di sterline con l'obiettivo di raccogliere 11 miliardi per finanziare spesa pubblica e welfare. Sta di fatto che il premier Starmer nicchia non poco sui solleciti dell'ala sinistra del suo partito. Del resto è bastato togliere il regime fiscale dei "non-dom" - che esentava i non domiciliati dal pagare tasse sui redditi prodotti all'estero - e allargare la tassa di successione anche sui beni oltre confine per causare una fuga di 11.300 (ma il conto ora potrebbe essere più alto) Paperoni che hanno portato armi e bagagli all'estero. Una parte di questi è arrivata anche a Milano, approfittando dell'opportunità della flat tax per chi ha redditi multimilionari. Per Londra un problema non da poco visto che i super ricchi "non-dom" nel 2023 hanno versato tasse per oltre 10 miliardi di euro e, ora, una fetta non indifferente di questi maxi-contribuenti sta andando a versare tasse e ricchi consumi altrove. Il caso britannico, quindi, sta a significare che basta anche solo parlare di tassa patrimoniale per spaventare molti potenziali investitori.
Non è da dimenticare che in Italia sono già presenti numerose tasse sulla proprietà: tra le quali l'Imu,
il bollo, passando per l'imposta di registro e il canone Rai che, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, fruttano alle casse dello Stato complessivamente 50 miliardi l'anno. Ci mancherebbe solo la nuova tassa di Landini.