Borse in allerta ma meno volatili

Cautele tra gli analisti sui possibili effetti

Borse in allerta ma meno volatili
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Sarà vero che il mercato ormai prende con le molle gli annunci roboanti di Donald Trump? Domani i nuovi attriti commerciali con Europa e Cina (entrambe colpite dalle nuove tasse al 50% sulle importazioni di acciaio e alluminio) affronteranno l'esame dei mercati finanziari, con i titoli di Stato americani, l'S&P 500 e i principali listini asiatici ed europei a finire sotto i riflettori. «Non credo che i mercati leggeranno quest'ultima mossa in modo troppo negativo», è l'opinione di Fabrizio Barini, senior banker di Integrae Sim, «Trump ha perso credibilità con annunci a cui sono seguite sospensioni delle tariffe. E ormai i mercati non si aspettano più che queste minacce si traducano poi in azioni concrete. Tant'è che l'S&P 500 è oltre i 5.900 punti e ormai sta tornando verso i massimi dopo lo choc del Liberation Day di aprile». Anche perché la crescita economica Usa sembra tenere, secondo Goldman Sachs il Pil nel 2025, pur in rallentamento, crescerà del 2,4% «riflettendo venti contrari derivanti dall'aumento dei dazi doganali statunitensi». Mentre l'inflazione core globale resterà stabile al 2,8 per cento.

Alcuni leggono nelle mosse di Trump la solita strategia di alzare la tensione prima di importanti round negoziali, come quello di martedì e mercoledì tra Usa ed Europa alla riunione dell'Ocse. «Quella di Trump la vedo come una mossa politica più che economica», è l'analisi di Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim: «Il presidente aveva bisogno di far vedere ai propri elettori di non scherzare sulle tariffe, dopo che la partita si è spostata nelle aule di tribunale».

Quanto alle ripercussioni sui mercati, «in Borsa credo vedremo delle reazioni, in America come in Cina, poi nel giro di un paio di giorni tutto si calmerà», prosegue Tognoli, «anche se da questa situazione quelli che hanno più da perderci sono gli Stati Uniti, che hanno il problema di finanziare un debito che sta diventando troppo elevato e va verso quota 38mila miliardi di dollari».

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