Cronache

Bottura e i suoi fratelli. Va a cinque chef lo "scudetto" del gusto

Romito, Crippa, Alajmo e Uliassi sul podio assieme al modenese già numero 1 al mondo

Bottura e i suoi fratelli. Va a cinque chef lo "scudetto" del gusto

Per Enzo Vizzari, curatore della guida I Ristoranti d'Italia 2017 presentata ieri nella cornice renziana della Leopolda a Firenze, la sfida quest'anno era una: cavarsi d'impaccio dopo la scelta scioccante e un po' dada dello scorso anno di attribuire a uno chef per la prima volta nella storia del volume (giunto all'edizione numero 39) il massimo punteggio. Lui era Massimo Bottura e noi lo ammonimmo pensando a quanto sarebbe stato scomodo nelle tasche del grembiule l'ingombrante attrezzo della perfezione conclamata.

Lui, Bottura, sembra essere sopravvissuto all'euripidica condanna. Anzi nel frattempo è stato anche nominato chef numero uno del mondo dalla giuria del «Fifty Best». Quanto a Vizzari ha deciso di eliminare i punteggi e di introdurre cinque categorie di catalogazione: 5, 4, 3, 2 e 1 cappello. Quindi la classifica resta ma ci sono un mucchio di ex aequo molto molto diplomatici.

Quindi ora Bottura non è più solo sul più alto gradino del podio che sapienti lavori di ristrutturazione hanno ampliato a ospitare altri quattro grandi chef. Tutti uomini. Nessuno del Sud, al massimo un paio del Centro. Trattasi di Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba (Cuneo), che l'anno scorso era al secondo posto con 19,75. Di Niko Romito di Casadonna Reale a Castel di Sangro (L'Aquila) e di Massimiliano Alajmo delle Calandre di Rubano (Padova), l'anno scorso terzi a pari merito a 19,5. E di Mauro Uliassi di Uliassi a Senigallia (Ancona), nella guida 2016 a quota 19. Scende dalla top ten Heinz Beck della Pergola dell'hotel Roma Cavalieri, che l'anno scorso era alla pari con Alajmo e Romito e ora guida la pattuglia dei «quattro cappelli» il cui elenco trovate nella scheda in basso. Tra essi ci sono anche i primi tre esponenti della cucina meridionale (due in Sicilia e uno in Campania), tanto amata all'estero ma ancora poco rappresentata nell'empireo dell'alta cucina, forse perché fatta più di interpretazioni familiari che mondane.

A proposito di geografia, la regione con il maggior numero di ristoranti «cappellati» è la Lombardia con 90, seguita da Campania con 53, Piemonte con 48, Veneto e Toscana con 47 e Lazio con 42. Interessante la proporzione con la popolazione. Nella gran parte delle grandi regioni c'è un ristorante importante più o meno ogni 100mila abitanti. Il dato più alto riguarda Val d'Aosta (3,14 ristoranti «cappellati» ogni 100mila abitanti) e Trentino-Alto Adige (2,64) seguite da Abruzzo (1,28), Toscana (1,25), Liguria (1,14) e Piemonte (1,09). In coda Calabria (0,35), Puglia (0,34), Sardegna (0,18) e Basilicata (0,17).

Infine il piatto dell'anno, promosso dalla maison di Champagne Vranken-Pommery, è andato al Piccione fondente e pistacchio di Romito e quello per il pasto dell'anno all'inesorabile Bottura. La trattoria dell'anno è di pesce: il Convento di Cetara sulla costiera amalfitana. Sommelier dell'anno, il giovane Matteo Zappile del Pagliaccio di Roma, valorizzatore delle bollicine italiane e delle bevande, anche analcoliche, diverse dal vino. E le donne? Poche ma buone.

La migliore è la ruvida e monastica Antonia Klugmann.

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