La Brexit terrorizza l'Europa Borse e banche ancora giù

Le cupe previsioni di Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo: «Civiltà occidentale a rischio»

«Come storico, temo che la Brexit possa segnare non solo l'inizio della distruzione della Ue, ma anche della civiltà politica occidentale». Dieci giorni al voto inglese, al «dentro o fuori» dall'Ue, e l'Oscar per la dichiarazione più apocalittica finora sentita va di diritto assegnato al presidente dell'Unione europea, Donald Tusk. È un copione che si consolida giorno dopo giorno: un crescendo rossiniano di parole incendiarie sugli scenari da incubo che si spalancherebbero in caso di deriva dal Vecchio Continente. I bookmaker prendono nota, pur restando scettici sullo strappo, pagato ancora tre volte la posta. Fino alla topica clamorosa presa col Leicester di Mister Ranieri (5.000 a 1 a inizio campionato) venivano considerati delle autorità in materia di previsioni: ora non c'è più da fidarsi neppure dei Signori delle scommesse. Ci sarebbero i sondaggi, puntuali nel delineare un testa a testa fino all'ultima scheda: dopo quello di venerdì scorso dell'Independent, con i favorevoli all'uscita al 55% e i contrari al 45%, ieri il Sunday Times ne ha pubblicato un altro che vede in vantaggio di un incollatura i favorevoli al «bye, bye Bruxelles» (43%) contro il 42% di quelli che vogliono evitare di sganciarsi dall'Unione Europea.

Insomma: una situazione di grande incertezza, la peggior nemica dei mercati, incapaci di smaltire la sbornia ribassista di venerdì scorso. Giusto per dare conto dei danni che sta producendo la montante avversione al rischio, con lo spostamento di ingenti capitali verso i porti sicuri dell'oro e dei bond a prova di terremoti finanziari, le Borse europee hanno polverizzato altri 130 miliardi di capitalizzazione dopo i 174 miliardi evaporati alla fine della scorsa settimana. Un nervosismo alimentato anche dall'appuntamento di domani con la Federal Reserve, chiamata a far chiarezza sull'evoluzione dei tassi, dal rallentamento della Cina e dalle prossime elezioni in Spagna. Milano, crollata del 2,91% (-6,5% in appena due sedute) e scivolata ai minimi da febbraio, sta dimostrando la fragilità di un cristallo a causa del peso specifico sul listino dei titoli bancari (-5,95% l'indice di categoria), su cui si scaricano, senza sosta, le vendite indotte dall'elevato ammontare delle sofferenze e dal difficile processo di aggregazione tra gli istituti. Ma anche la vulnerabilità delle altre piazze finanziarie (vedi grafico) dà l'idea del momento critico, mentre le autorità europee sono già in preallarme: se vincesse la Brexit, il giorno dopo verrebbe convocata una riunione di emergenza sul «che fare» alla quale parteciperebbero, oltre a Tusk, i presidenti della Commissione Jean-Claude Juncker, del Parlamento Martin Schulz e il premier olandese che regge la presidenza Ue di turno, Mark Rutte.

Gli euroscettici non se ne curano, né sembrano particolarmente spaventati dallo sgonfiarsi della sterlina. Preferiscono far leva sulla paura dell'immigrazione «fuori controllo», con l'ex sindaco conservatore di Londra, Boris Johnson, convinto che si può esportare nel mercato unico anche dal di fuori.

Perfino con maggior profitto, a suo dire, come dimostrano ben 36 Paesi esterni all'Ue - inclusi India, Russia, Cina, Usa, Canada e Brasile che «hanno fatto meglio della Gran Bretagna» in proporzione quanto a esportazioni in Europa».

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