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Calenda perde la bussola. "Premier semifascista"

Il leader di Azione va all'attacco e poi si scusa: "Era una battuta, ma l'autonomia così non va"

Calenda perde la bussola. "Premier semifascista"

Per cospargersi il capo di cenere prima che la «battuta» - come l'ha definita poi - aprisse un ping pong di polemiche, Carlo Calenda ci ha messo meno di un'ora. «Cara Meloni» ha iniziato piano il leader di Azione sul palco del teatro Franco Parenti di Milano, dove ieri ha chiuso con Matteo Renzi la campagna del Terzo Polo per Letizia Moratti alla guida della Regione Lombardia, «ti proponiamo questo: non toccare la Presidenza della Repubblica, che è l'unica cosa che funziona in questo Paese. Senza Presidenza l'unità nazionale va a farsi benedire. E che io lo debba spiegare a una nazionalista semifascista è una roba deprimente». Aggiunge: «E datece un po' di nazionalismo, con tutti sti' busti di Mussolini. Siete diventati tutti autonomisti? Un po' di nazionalismo datecelo ogni tanto. Via i busti e un po' più di nazionalismo». Quando ha lasciato da un pezzo il teatro Calenda ingrana la retromarcia e si scusa: «Calenda ha definito Meloni come una nazionalista semifascista. No - corregge il tiro su Twitter -. Ho detto una cosa molto diversa. Se manco nazionalisti e semifascisti riconoscono il valore della cultura patria siamo messi malissimo. Era una battuta evidentemente». Durante il suo discorso programmatico alla Camera il 25 ottobre Meloni aveva usato parole chiare: «A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». Il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia Alfredo Antoniozzi gli suggerisce di «leggere il Times che incorona il nostro premier come leader più popolare e credibile d'Europa. Prendiamo atto delle sue scuse dopo una pessima caduta di stile probabilmente causata dalla continua ascesa di consensi per Meloni. A volte bisognerebbe respirare dieci secondi e aspettare di parlare, prima di esibirsi in dichiarazioni sconnesse dalla realtà».

Nel merito, Calenda durante la kermesse elettorale ha proposto a Meloni «il premierato e l'abolizione secca di una Camera perché ormai il bicameralismo è una cosa morta», aggiungendo che «la Camera che va abolita non può essere il Senato». Il presidente del Consiglio «sia dotato del potere di revoca dei ministri e abbia più forza perché i tempi della storia sono diversi». Propone anche di «sederci e rivedere tutto il federalismo. Le materie che vanno date in più alle Regioni e quelle che vanno sottratte».

Il Terzo Polo a breve cambierà nome («fa schifo») e Calenda vuole strappare i riformisti al Pd. Appello «al sindaco di Bergamo Giorgio Gori e tanti altri». A marzo «apriremo la federazione ad altre persone, per esempio agli amici di +Europa». Gori «è uno dei migliori sindaci che Bergamo abbia avuto negli ultimi anni ma gli hanno spiegato che quando doveva fare politica nazionale doveva diventare leninista. E quindi, se la sinistra in Lombardia candida Pierfrancesco Majorino, con i 5 Stelle, lui deve stare dentro. Ma io dico: non è una condanna a morte, puoi scegliere cosa fare. Vale per lui e per chi ha iniziato a fare politica con me e Renzi. Io dico: diventate capi voi della federazione, ma venite via da lì prima di appassirvi a forza di dover giustificare le giravolte di un partito che è talmente spaccato da non sapere più chi è». Al sindaco di Milano Beppe Sala che lancia appelli al voto utile per Majorino invece di «sprecarlo» per Moratti, Calenda ricorda che ha «iniziato a fare politica perché Letizia da sindaco lo ha assunto in Comune. E finisce con Majorino e i 5 Stelle.

Hai un problema tu Sala, non noi».

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