Cambia la stagione ma resta il nodo dei pm

Le congetture, o le suggestioni, nel Palazzo sono dello stesso tipo di quelle che accompagnano gli scandali che coinvolgono direttamente, o indirettamente, personaggi politici di grosso calibro

Cambia la stagione ma resta il nodo dei pm

Le congetture, o le suggestioni, nel Palazzo sono dello stesso tipo di quelle che accompagnano gli scandali che coinvolgono direttamente, o indirettamente, personaggi politici di grosso calibro. Quelle che ipotizzano correlazioni tra le vicende giudiziarie e gli accadimenti della politica. Semmai, ciò che colpisce in questa vicenda che vede sotto i riflettori lo sfogo di Beppe Grillo che come padre difende il figlio dalle accuse di accuse di stupro, è che queste analisi sono entrate a far parte, almeno a mezza bocca, anche del bagaglio grillino. «Dite che hanno tenuto appeso il povero Beppe per due anni e quando non gli serviva più È quello che pensano in molti», si sfoga pensieroso l'ex ministro 5stelle Vincenzo Spadafora. «Il problema osserva con attenzione un altro grillino, Riccardo Ricciardi è che non puoi liquidare la vicenda dicendo che Grillo è fatto così, perché se durante l'alleanza con la Lega Beppe si era messo quasi in disparte, poi è stato importante nell'aprire la strada all'alleanza con il Pd e fondamentale nel convincere i gruppi grillini a votare Draghi. Certo se fossi stato in lui avrei parlato nel video solo dei due anni in cui questa indagine è rimasta inspiegabilmente ferma. Detto questo ha sbagliato». Mentre Gianfranco Di Sarno, dimaiano di ferro, ripete espressioni lessicali che normalmente trovi sulla bocca degli esponenti di Forza Italia o dei partiti più «garantisti»: «Ci sarebbe da usare - confida la vecchia formula giustizia ad orologeria. Hanno tenuto questa indagine per due anni a bagnomaria, poi finito il governo con il Pd l'hanno tirata fuori. Avranno pensato bene ironizza facendo ricorso al sarcasmo partenopeo - che tirarla fuori prima sarebbe stato uno spreco... Che ci volete fare è l'Italia».

Già, la botta è stata grossa, di quelle da cui non ti riprendi. Eppoi il video di Grillo, la violenza delle parole usate contro le ragazze vittime dello stupro, il giudicarle consenzienti usando le tesi della peggiore cultura reazionaria, le critiche alle indagini: i totem su cui è nato il grillismo sono andati in fumo in meno di due minuti. E quello dell'«Elevato» non è stato uno sfogo estemporaneo, quel video è stato ponderato, tagliato, studiato. «È stato decritta Osvaldo Napoli, che da buon ex democristiano, dal caso Montesi in poi, vicende del genere le conosce a menadito un messaggio politico chiaro a chi deve sapere. Grillo è stato inqualificabile ma lo hanno tenuto a appeso per due anni, promettendogli sai cosa. Ed è sbottato». Anche Matteo Renzi, che spesso è stato bersaglio del circuito mediatico-giudiziario, riporta una sensazione che pervade i 5stelle: «Sono tanti i grillini convinti che quella vicenda è stata tenuta coperta per far nascere il governo con il Pd e tenerlo in piedi». «La faccia di Grillo, la foga, il tono nel video è l'impressione di Carlo Calenda è proprio di uno che dice: Io ho fatto tanto per voi e voi, invece, non avete fatto niente per me».

Di certo le indagini hanno seguito un iter un po' strano: il fatto avviene durante l'estate della crisi del Papeete, esattamente il 16 luglio; otto giorni dopo la ragazza italo-svedese presenta una denuncia a Milano; ma la notizia del presunto stupro esce solo il 6 settembre, esattamente il giorno dopo l'insediamento con tutti i poteri del governo Conte due. Insomma, la vicenda è rimasta nascosta esattamente quei due mesi che ci vollero per mettere in piedi il governo giallorosso. Coincidenze? «Ormai taglia corto il renziano ex grillino Catello Vitiello in Italia non credo più al caso: questa storia nasce un mese prima del governo tra Cinquestelle e Pd e torna in auge esattamente due mesi dopo la fine di quel governo. Ma su!». «Hanno tenuto sottotraccia la vicenda spiega il capogruppo dei deputati azzurri, Roberto Occhiuto e nel frattempo hanno indotto Grillo a fare il governo con il Pd, le consultazioni e gli hanno fatto dire pure di sì al governo Draghi. Fatto tutto questo hanno lasciato in braghe di tela: il Re è nudo e lui è un simbolo è caduto».

Eh sì, perché per il fondatore di un movimento che si basa sul populismo giustizialista, che ha tra i numi tutelari il Rospepierre de' noantri, Marco Travaglio, che venera le parole di Piercamillo Davigo per cui «i politici sono solo colpevoli non ancora scoperti», ciò che è accaduto è un'ecatombe senza ritorno. «I magistrati sostiene l'azzurro Alessandro Cattaneo sono dei cecchini». Solo che questa volta è stato proprio Grillo il bersaglio. «È il tipico contrappasso», commenta la piddina Patrizia Prestipino.

Solo che la vicenda ha messo in «crisi», inutile nasconderlo, pure la strategia di Enrico Letta basata sul rapporto privilegiato con i 5stelle. Non per nulla lunedì, a caldo, mentre Maria Elena Boschi crocifiggeva sul «caso» Grillo e il movimento, il segretario del Pd si è limitato ad un balbettio. Ieri, poi, i piddini sono corsi ai ripari, è partita l'operazione per staccare Conte, il loro interlocutore principale, da Grillo. «Si deve affrancare da lui», ha tuonato il vicesegretario Provenzano. «Conte deve chiarire se la sua idea di giustizia è uguale a quella di Grillo», ha rilanciato Andrea Marcucci. Un'opera di persuasione che è andata avanti per tutta la giornata, fino quando l'ex premier ha ceduto e detto la sua, alla democristiana: ha dichiarato di comprendere «l'angoscia» di Grillo padre e «la sofferenza» della «presunta» vittima; di condividere «le preoccupazioni» della famiglia Grillo, ma non si è dimenticato di difendere «l'autonomia e il lavoro della magistratura». Insomma, si è barcamenato per salvare il salvabile. «In fondo - spiega Calenda al Pd non gliene frega niente di Grillo. Loro lo hanno già scaricato, pensano a Conte e Di Maio, senza capire che la cultura grillina è sempre la stessa. Dicono tutto e il suo contrario badando solo alla loro convenienza. Ma al Pd non importa: Letta, Zingaretti e gli altri si accontentano del loro 20% e puntano solo ad utilizzarlo al meglio». Ancora più tranchant Renzi: «L'ho detto ancor prima di questa vicenda che i grillini sono finiti e che Conte li avrebbe lasciati». Più che una tesi nella mente del leader di Italia Viva è una convinzione. L'altro giorno a Palazzo Chigi l'ha espressa con una battuta direttamente a Draghi: «Quanto sono contento vederti qui mentre Conte è tornato a tenere lezione a Firenze».

Una sensazione che condivide con l'altro Matteo, Salvini. «Grillo spiega Dario Galli, già vice ministro della Lega si è data la zappa sulle palle, ha fatto harakiri. Lo hanno tenuto appeso mentre era in vita il governo Conte eppoi, finita quell'esperienza, la vicenda giudiziaria di suo figlio è ripartita. Palamara docet. Per i 5stelle è la fine: ogni volte che daranno di matto sui temi della giustizia o sul femminismo, li zittiranno con il caso Grillo».

E, magari, dopo l'harakiri grillino forse sarà più facile che questo esecutivo rimettere mano a qualche norma sulla giustizia che sta a cuore al ministro Cartabia, a Renzi, a Salvini, a Berlusconi e a Calenda: mettere mano, ad esempio, ai danni provocati all'istituto della prescrizione da Bonafede.

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