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Cannabis, ira dei promotori. "Cercato il pelo nell'uovo"

Per la Consulta troppa confusione con le droghe pesanti. Magi: "Da Amato troppe inesattezze"

Cannabis, ira dei promotori. "Cercato il pelo nell'uovo"

Cade sotto la scure della Consulta il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis. E cade, spiega il presidente della Corte, perché «non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti». In pratica, secondo Amato non era possibile considerare ammissibile il referendum in quanto il primo dei tre sottoquesiti «prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, e le sostanze stupefacenti delle tabelle 1 e 3 non includono neppure la cannabis che è nella tabella 2 ma includono il papavero, la coca, insomma le cosiddette droghe pesanti». Un elemento, secondo il presidente della Consulta, «sufficiente a farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile di un referendum».

Ma la giustificazione non convince i promotori del referendum sulla cannabis legale. Tra questi il presidente di +Europa Riccardo Magi, amareggiato dall'esito e caustico sulle motivazioni snocciolate da Amato in conferenza stampa. «Una giornata pessima - sospira Magi e un colpo duro, non tanto per noi promotori o per le centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato, quanto per la democrazia». Per Magi la Consulta sul quesito che riguardava la cannabis «ha fatto esattamente quello che Amato aveva detto che non avrebbe dovuto fare: cercare il famoso pelo nell'uovo». Ma è soprattutto sulla spiegazione di Amato che Magi è in completo disaccordo. L'affermazione del presidente della Corte, spiega al Giornale il presidente di +Europa, «contiene una grande quantità di inesattezze e di cose prive di pregio giuridico».

Il Comma 1 dell'articolo 73 indicato nel sottoquesito, spiega Magi, non poteva non essere interessato dal quesito referendario. E questo insiste l'ex esponente radicale - perché quel comma «elenca una serie di condotte coltiva, produce, cede, vende, raffina e poi si riferisce alle sostanze di cui alle tabelle 1 e 3, quelle delle cosiddette droghe pesanti, e dice che la pena per quelle condotte e per quelle tabelle è una certa pena. Il comma 4 dice, senza ripeterle, che le stesse condotte indicate nel comma 1, quando sono messe in opera su sostanze delle tabelle 2 e 4, prevedono una pena diversa. Insomma, se si vuole intervenire sulle condotte che riguardano la cannabis, non si può non intervenire sul comma 1, per il modo in cui è scritta la legge. E aggiungo che la cannabis è la sola pianta che una volta coltivata è consumabile senza altri processi di raffinazione e trasformazione». Insomma, la motivazione della bocciatura «non l'ho capita davvero», e il pelo evocato da Amato non solo è stato cercato, ma anche «in modo forzato», conclude Magi.

Non entra in questioni tecniche o giuridiche la leader di Fdi Giorgia Meloni, che invece esulta per il «no» al quesito arrivato dalla Consulta salutandolo come «una vittoria» nella «battaglia in difesa della vita contro le droghe e le dipendenze».

Pollice su anche dal senatore azzurro Maurizio Gasparri, che considera «un'ottima notizia l'inammissibilità» e chiosa: «Il partito della droga è stato sconfitto».

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