Roberto Fabbri
Un nuovo scontro tra Francia e Italia agita la vigilia del pre-vertice odierno a Bruxelles dedicato al nodo migratorio. I protagonisti di un battibecco sempre più teso e che minaccia di avere ricadute spiacevoli anche sul vertice vero, il Consiglio Europeo della prossima settimana, sono ancora Emmanuel Macron e Matteo Salvini, che già venerdì si erano confrontati bruscamente: il presidente francese indicando come se nulla fosse nella Sicilia il luogo adatto per aprire i centri per selezionare gli immigrati (l'esatto contrario di ciò che chiede Roma), il nostro ministro degli Interni replicando al «signorino che eccede con lo champagne» che Parigi doveva mantenere le sue promesse di accoglienza prima di dare all'Italia consigli non richiesti. Ieri un'altra stilettata dall'Eliseo agli «estremisti che giocano con le paure»: «Chi parla di grave crisi migratoria mente, gli sbarchi sono diminuiti dell'80% rispetto all'anno scorso», e comunque i rifugiati devono sbarcare «nel porto vicino più sicuro», ossia in Italia nel 99% dei casi. E ancora Salvini ha replicato dando a Macron dell'«arrogante» (supportato da Di Maio che è arrivato a definirlo «nemico numero uno») e minacciando di negare il sì italiano al Consiglio Europeo. Un sì che con Gentiloni sarebbe stato scontato, mentre oggi «i tempi sono cambiati», tanto che secondo Salvini «entro un anno si deciderà se esisterà ancora un'Europa unita».
Va ricordato a questo punto che il 28 e il 29 giugno, sempre a Bruxelles, i leader dei ventotto Paesi Ue discuteranno anche di altre materie fondamentali come sicurezza, difesa, economia e (in assenza dei britannici) dello stato dei negoziati sulla Brexit. Ed è facile prevedere che si assisterà a spaccature anche profonde e che si vedranno all'opera fronti contrapposti su temi di primaria importanza. Sulla questione migratoria questi fronti sono già ben delineati: quello tra Francia, Germania e Spagna da una parte e quello - con importanti distinguo - tra Italia, blocco di Visegrad e Austria dall'altra. In mezzo, come un cuneo che toglie il sonno ad Angela Merkel, c'è il leader bavarese Horst Seehofer (che è anche il ministro dell'Interno tedesco), pronto a far respingere alla frontiera i migranti registrati altrove, in pieno disaccordo con una Cancelliera più dialogante.
Ieri Macron ha ricevuto il nuovo premier socialista spagnolo Pedro Sanchez e lo ha ringraziato per il «ruolo umanitario» che sta svolgendo. La strategia dell'Eliseo è chiara, ed emerge dai punti della dichiarazione comune rilasciata con Sanchez: non esiste una crisi migratoria, bensì una crisi politica suscitata da estremisti (i governanti italiani e di Paesi mitteleuropei come Ungheria e Polonia, ma il messaggio è diretto anche a Vienna) che soffiano sul fuoco con biechi obiettivi di consenso elettorale; questa crisi non va gestita spaccando l'Europa ma unendola e fornendo soluzioni europee. Ed eccole, queste soluzioni proposte da Parigi e condivise da Madrid e Berlino: «centri di sbarco chiusi su suolo europeo» (cioè italiano, ndr) gestiti con fondi europei dove si dovrà «esaminare con rapidità la situazione degli immigrati, distinguendo chi ha diritto di restare da chi dovrà essere rispedito in patria».
Macron intenderebbe così superare il suo vero punto di disaccordo polemico con l'Italia, ovvero la nostra tolleranza verso chi arriva senza il diritto allo status di profugo, e che poi cerca di proseguire verso altri Paesi Ue contando sul nostro lassismo. Ma finge di non sapere che quasi tutti i migranti sbarcano senza documenti e che rimandarli in patria è impresa quasi sempre impossibile. Insiste inoltre (d'accordo almeno in questo con Salvini) sulle sanzioni ai Paesi Ue che rifiutano la redistribuzione, ma si dimentica che il primo Paese inottemperante è il suo e finisce col proporre che chi (come ad esempio l'Austria) insisterà nel rifiuto «potrà compensare in qualche modo», ad esempio fornendo più uomini e mezzi per il controllo delle frontiere esterne dell'Ue.
Ricapitolando: i migranti continuerebbero ad arrivare in Italia, gli altri Paesi potranno continuare a infischiarsene, rimandarli indietro sarà difficilissimo come oggi e Macron potrà continuare a pontificare sui «populisti simili a lebbra» che dilagano in Europa grazie alle politiche europee volute da europeisti impeccabili come lui.
Che sono veri maestri d'ipocrisia non solo perché cercano d'imbrogliarci con dei mezzucci, ma perché agiscono per far sì che in Italia quei populisti continuino a governare: a loro va benissimo così. Ma è un gioco pericoloso, che sta distruggendo la credibilità dell'Europa e che finirà per consegnarne i brandelli a chi nell'azione dei populisti confida: Vladimir Putin.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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