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La Caporetto di tribunali e toghe: due italiani su tre non si fidano del sistema giustizia

Il rapporto Eurispes evidenzia un quadro impietoso: il 65,9% non crede nell’apparato e tra i giovani si supera il 70%. La conseguenza è che un italiano su 4 non denuncia neppure il reato subìto a causa dei processi-lumaca.

La Caporetto di tribunali e toghe: due italiani su tre non si fidano del sistema giustizia

Un italiano su quattro non denuncia il reato appena subito. E due su tre non hanno fiducia nella giustizia. Se non è una Caporetto, poco ci manca. L'Italia si avvicina con passo stanco e distratto all'appuntamento con i referendum, ma sotto la crosta dell'apparente indifferenza covano altri sentimenti: forse la rassegnazione e la disillusione, ma certo i nostri connazionali hanno le idee chiare. Il sistema non funziona e i primi a misurarne e percepirne i limiti sono i giovani che pure dovrebbero essere battezzati nel fonte dell'ottimismo.

Non è così, in ogni caso la diagnosi mette al primo posto la malattia delle malattie: l'esasperante lentezza dei processi, antico e mai risolto male del nostro Paese. Abbiamo perso il conteggio dei proclami di chi prometteva di accorciare sul calendario i rituali e le tappe dei procedimenti, oggi siamo ancora qua, più o meno allo stesso punto, con la foto scattata dal trentaquattresimo Rapporto Italia dell'Eurispes.

Le cifre sono davvero mortificanti e mostrano tutta la distanza che c'è fra i convegni e le interviste delle toghe e la realtà che viene vissuta quotidianamente nei palazzi di giustizia della penisola. Dunque, più di un cittadino su quattro - per la precisione il 27,3 per cento - preferisce non denunciare i gli illeciti. Un dato sconfortante che, fra l'altro, falsa tutte le classifiche e le statistiche sui reati e sul loro andamento. Le ragioni di questo comportamento? Purtroppo non c'è una sola causa: l'11% pensa che i fastidi nell'affrontare un percorso giudiziario siano superiori ai vantaggi; dieci potenziali utenti su 100 non si avventurano perché hanno paura di essere inghiottiti da meccanismi farraginosi che non promettono certezze ma solo spese su spese; un altro 6.2 per cento del campione si trincera dietro uno scudo formato da una sola parola: sfiducia.

Gira e rigira, si torna sempre alla stessa casella: il 65,9 per cento degli intervistati da Eurispes afferma di non fidarsi dell'apparato giudiziario. Naturalmente con diverse gradazioni: il 45,3 per cento concede un piccolo credito ai giudici, contro un 20,6 per cento che ha perso ogni speranza.

E le persone mettono in fila i motivi di questa presa di distanza. Al primo posto c'è, come prevedibile, l'esasperante lentezza dei processi, che viene impietosamente indicata dal 34,1 per cento delle persone ascoltate, mentre in seconda posizione il 19,8 per cento muove una critica più sottile, in qualche modo politica: non tutti sono uguali davanti alla legge e poi un importante 13,6 per cento sottolinea con amarezza che nel nostro Paese non c'è la certezza della pena. Insomma, il catalogo delle criticità è lungo e dovrebbe costringere i poteri dello Stato a una riflessione urgente per sbloccare finalmente le riforme che restano sepolte nell'armadio stracolmo degli annunci.

C'è il testo che porta il nome del Guardasigilli Marta Cartabia, per carità, e si spera che un qualche risultato possa arrivare attraverso la spinta dei referendum, ma il rischio di non raggiungere il quorum del 50 per cento è purtroppo molto alto.

Un altro elemento colpisce e mina drammaticamente la credibilità della magistratura: il 57,8 per cento degli italiani che si sono confessati con Eurispes ritiene che l'azione dei giudici sia condizionata dall'appartenenza politica, dunque dal pensarla in un modo piuttosto che in un altro, mentre il 31,1 per cento è convinto che le cose non stiano così. Se si scorporano i risultati del sondaggio si scopre, forse a sorpresa, che i primi a non scommettere sul buon andamento della macchina giudiziaria, giudicata inaffidabile, sono gli elettori che non si sentono rappresentati (73,4 per cento) e soprattutto quelli Cinque stelle ( 69,7 per cento).

Ma le differenze, rispetto agli altri spicchi dell'emiciclo, sono modeste e nessuno pare più inseguire il sogno di un ordine giudiziario come modello e punto di riferimento per la società.

L'ultima puntura di spillo è quella anagrafica: l'entusiasmo non va a braccetto con l'età, anzi. Sono proprio i ragazzi fra i 18 e i 24 anni ad avere poca (50,9 per cento) o nessuna (22,4 per cento) fiducia nella giustizia.

Il 73,3 per cento degli under 24 entra nel mondo adulto osservando con preoccupazione, o peggio con scetticismo, quel che avviene nei tribunali.

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