Cara Littizzetto, se fai uno show non puoi cavartela con 100 euro

La comica torinese è libera di fare la carità che vuole. La vera vergogna non è donare una somma modesta ma l'ostentazione dell'offerta. E il popolo del web l'ha massacrata

Cara Littizzetto, se fai uno show non puoi cavartela con 100 euro

Littizzetto Luciana, laureata in materie letterarie presso la facoltà di Magistero con tesi in storia del melodramma e diplomata in pianoforte, si è esibita, come milioni di altri di questo mondo di esibizionisti, nell' Ice bucket challenge , versione yankee del gavettone nostrano, con ghiaccio in cubetti compreso. Non vedo finora la notizia. La dottoressa in questione si è fatta riprendere, prima della secchiata, mentre sventola biglietti due da cinquanta euro, annunciando che quella era ed è la sua donazione a favore della ricerca sullo Sla. I social network , che hanno preso il posto dei muri delle latrine, nelle stazioni ferroviarie o negli autogrill, là dove era possibile scrivere e comunicare qualsiasi tipo di messaggio volgare, di insulto, di minaccia, la rete, dicevo, si è scatenata contro l'attrice accusandola di essere tirchia e di vergognarsi per quella miserabile cifra donata.

Come da repertorio, gli ipocriti non giudicano l'atto ma sentenziano sul peso del medesimo. Se la Littizzetto avesse sventolato un assegno da diecimila euro allora sarebbe stata una benefattrice, essendosi limitata ai cento euro allora è un miserabile. Viva la libertà. In verità la questione è un'altra ed è più seria o, se preferite, più ridicola.

La Littizzetto Luciana è libera di fare la carità con una sola moneta o con un pacco alto così di cinquecento euro ma è l'esibizione della beneficenza, l'ostentazione di un'offerta che è diventata doverosa e spettacolare, questa è la vergogna. È un obbligo farsi riconoscere, dimostrare di esserci, mostrarsi davanti a una telecamera, un telefonino, finire su Youtube , diventare «virali».

L'attrice torinese passa alla cronaca per il suo linguaggio non proprio da melodramma e scienza letteraria, non risciacqua le parole nel Po, forse nel Sangone, va via sciolta e diritta per la strada che le è consentita da questa nuova forma di comunicazione che, se non esibisce una parola greve e una frase grave, non risulta agli atti, non fa audience e non porta a sottoscrivere contratti generosi. Le due banconote da cinquanta euro non sono l'immagine di avarizia ma di una modestia di spirito, proprio in un personaggio carico dello stesso, in dosi industriali.

I suoi pistolotti moralistici, i suoi interventi clowneschi , come «spalla» del mite ascoltatore Fazio Fabio, avrebbero meritato un teatrino migliore del gavettone che l'ha gelata, sull'attenti e addobbata in un abito improbabile. Quasi sicuramente, almeno me lo auguro, l'attrice donerà, in privato, altri denari a varie opere caritatevoli ma la scenetta filmata è una delle sue più squallide performance .

Immagino che cosa lei stessa avrebbe detto e direbbe, e con quale uso del novissimo dizionario della lingua italiana, se al posto suo ci fosse stata una Carfagna o una Santanchè, sventolanti i cento euro. Lo immaginate anche voi. Ma c'è chi può e chi non può. «Credo che si dia ai comici troppa importanza. In fondo siamo solo dei saltimbanchi.

In Italia non manca la libertà di parola, ma la libertà di dire qualcosa senza essere infilati in uno schieramento politico». Questo lo ha detto proprio lei, qualche anno prima del gavettone. Fiori ma non opere di bene.

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