Politica

Carfagna lancia la sua Voce ma i big restano alla larga

Solo le seconde file del partito alla presentazione dell'associazione. L'azzurra: "Non nasce per dividere"

Carfagna lancia la sua Voce ma i big restano alla larga

Non ha praticato lo strappo, («Non riuscirete mai a farmi litigare con il presidente Berlusconi»), ma ha promesso il rammendo: «Quest'associazione non nasce per dividere, ma per aggregare. Non nasce per portarci fuori da Forza Italia, ma per permetterci di rimanere dentro». E, alla fine, davvero Mara Carfagna era emozionata e forse intimorita («Ma altrettanto certa che questa sarà un'avventura bellissima») quando ieri, a Roma, ha presentato la sua Voce Libera, «associazione», etichetta che in politica è sempre stata l'ibrido tra il rimanere e il partire, la fuga in questo caso da Forza Italia che tutti si attendono e si attendevano, ma che neppure ieri c'è stata e ci può essere. E infatti, per Marcello Fiori, che non è parlamentare e quindi di Voce Libera sarà più che un organizzatore, «la verità è che non ce ne siamo andati e non vogliamo andarcene». Ma Silvio Berlusconi e gli altri protagonisti di Forza Italia non hanno ancora capito cosa chiedono i «liberi» della Carfagna e forse per questo si sono tenuti a distanza e sorriso quando hanno saputo che tra gli ascoltatori c'era Domenico Scilipoti che per il senatore Andrea Cangini, anfitrione dell'evento, «è chiaramente un imbucato venuto a disturbarci». In realtà, ha solo contribuito a colorare la giornata insieme a Luigi Casciello, onorevole, cavaliere al servizio di Mara che assicura è nata leader: «Cosa saremo noi? Né responsabili né irresponsabili. Saremo irrequieti». Lo pensano anche Osvaldo Napoli, Massimo Mallegni, Renata Polverini, la deputata Daniela Ruffino, presenti per «ridare contenuti alla politica e tornare alla complessità».

L'attesa non poteva dunque che essere per il comitato scientifico dell'associazione che la Carfagna ha tenuto nascosto fino all'ultimo a eccezione di Carlo Cottarelli («Sono onorato») che si è presentato, e catturato i fotografi, insieme ad Alfonso Celotto, docente di Diritto Costituzionale, che ha lavorato con i ministri Emma Bonino, Fabrizio Barca e Giulia Grillo e da domani con la Carfagna «che stimo e che conosco per regioni campane. Anche io sono un po' malamente». È vero che Antonio Martino si è tirato indietro perché temeva di finire in una corrente politica («Mi è dispiaciuto» ammette la Carfagna), ma ha aderito Giuliano Urbani e da politologo si è rivisto Gaetano Quagliarello «in ascolto» mentre da Milano sono arrivati Stefano Parisi e l'economista Riccardo Puglisi.

Quando la Carfagna ha iniziato a parlare le parole più ascoltate sono allora state quelle accademiche e perdute: merito, competenza, serietà. «L'Italia è stanca della politica da ring, dello scontro tra influencer». Ma la Carfagna ha usato parole efficaci anche sul reddito di cittadinanza: «La povertà non si abolisce per decreto. Uno Stato che pensa questo è uno Stato pessimista. Anche le crisi industriali non si possono risolvere con lo Stato imprenditore». Ha schierato la sua Voce Libera in Europa: «E non con il Venezuela o la Cina». Ha chiuso la porta a Matteo Renzi: «Renzi sostiene un governo di sinistra. Noi stiamo nell'altra metà campo». Ha soprattutto risposto a Berlusconi che aveva definito «la sua iniziativa inutile». «È il miglior augurio che potessi ricevere. L'ultima volta che mi hanno detto che qualcosa era inutile è stato quando ho presentato la legge sullo stalking. Oggi è un patrimonio».

Non lo diceva con il tono della sfida, ma solo con il codice, e la malinconia, di chi continua a intendersi anche quando non riesce a capirsi.

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