Caro nemico ti scrivo: così impazza la moda delle lettere tra politici

Renzi usa Repubblica per intasare la casella Pd Zingaretti epico con Cacciari: fermare i barbari

Caro nemico ti scrivo: così impazza la moda delle lettere tra politici

È un'emergenza pari al caldo, è un vizio come il fumo, il loro numero non smette di aumentare. Da settimane, i nostri postini sono schiacciati dalle «lettere» che spediscono i politici. Solo ieri ne sono arrivate due a L'Espresso. Da giorni, la casella postale del quotidiano La Repubblica è intasata da quelle che Matteo Renzi inoltra al Pd. Al Fatto Quotidiano ogni quindici giorni vengono aperte quelle di Beppe Grillo. E poi c'è naturalmente quella che Giuseppe Conte ogni sei mesi deve preparare, addirittura in latino, per evitare la procedura d'infrazione. «Caro, Caro, Caro». In caduta ormai da anni il genere degli appelli, genere frequentato soprattutto a sinistra e che secondo lo scrittore Giorgio Manganelli è «consanguineo all'epitaffio», si registra oggi l'esplosione della «lettera» che nel mese di luglio, insieme alle code in autostrada e ai consumi energetici, ha toccato il suo picco. Alla lettera pubblicata «sul numero venticinque dell'Espresso» dal filosofo Massimo Cacciari, ha risposto ieri Nicola Zingaretti che, a sua volta, ne ha affrancata un'altra pubblicata «sul numero ventotto». Lo stile è biblico, l'urgenza è storica: «Caro Cacciari, dobbiamo fermare i barbari». Chiaramente l'inizio della lettera non può essere altro che una lusinga perché, scrive Zingaretti, «la tua lettera è attraversata da un'acuta consapevolezza dei pericoli» e quindi «il tuo quadro coincide con i miei sentimenti».

Bastano questi piccoli ritagli per capire che la lettera, in politica, è sempre falsa nel tono, composta in una lingua che mai si parla e prezzolata nelle intenzioni. Cavalcando lo scontro su navi e migranti, Renzi ne ha scritta una, pochi giorni fa, «Migranti, io accuso il Pd», dove l'unico obiettivo era superare a sinistra l'attuale segretario, screditare le qualità dell'ex ministro Marco Minniti per accreditarsi come il solo e unico leader. Con il pretesto di rispondere a Renzi, Paolo Gentiloni ne ha trasmesso una nuova a Repubblica ma per non attaccare l'ex amico ha speronato il vero nemico: «Caro direttore, io accuso Salvini». E per fortuna, in questo sacco di lettere, c'è ancora spazio per i vecchi e buoni affetti. Gad Lerner ha pubblicato su Il Venerdì stralci del suo epistolario con Laura Boldrini, anche se alla fine gli è mancata l'audacia per aprirsi interamente: «Ammiro la Boldrini e le voglio bene». Canterebbe Paolo Conte: «Era amore/ non sai quanto». Ma la prova più alta resta l'interlocutore immaginario. Luigi Manconi, ieri, e ancora su La Repubblica, ne ha impostata una «al caro giovane odiatore di Carola». Seguono poi le oscenità che sono state rivolte a Carola Rackete e che la lettera, con l'espediente della condanna non fa altro che riproporre. Una delle ragioni per cui in politica vengono scritte, e purtroppo pubblicate, è quella di svuotare su carta quanto non si ha il coraggio o non si può pronunciare con la lingua e quindi, grazie ai salamelecchi, ferire chi in pubblico si promette di abbracciare. E infatti, per ogni «caro», si maschera sempre un «ti detesto».

Grillo, ad esempio, ne ha fatto la sua cura. Adesso che non riesce più a scherzare su Salvini sfiata il suo malumore in lettere (psic)analitiche che periodicamente recapita al Fatto e in cui avverte che il Movimento deve essere «biodegradabile». Insomma, le lettere davvero autentiche, in politica, si conservano in segreto e si aprono dopo tanti anni.

Per questo, oggi, è arrivato il momento di intervenire a protezione dei nostri postini, veri sventurati da salvare dalle onde di questo inchiostro. Se anche voi siete d'accordo non esitate a farlo sapere. L'indirizzo è...

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