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La Cartabia è decisa a mandare in archivio il "lascito" di Bonafede

Il ministro davanti ai deputati smonta la prescrizione M5s. Forza Italia: "Discontinuità"

La Cartabia è decisa a mandare in archivio il "lascito" di Bonafede

Con garbo, ma vuole voltare pagina. Marta Cartabia espone il suo programma ai deputati della Commissione giustizia. Non ama l'enfasi ma si capisce che vuole mettere mano ad una materia così incandescente. Certo, la ministra è puntigliosa e nello stesso tempo abile a dribblare, almeno per ora, gli ostacoli. Però il metodo basato sulla condivisione non equivale a far evaporare le riforme in un futuro vago.

«Vanno verificati i lasciti del governo precedente», dice lei, in piedi, con prudenza ma anche con l'intendimento di cambiare quel che non va. Sulla prescrizione, il tema dei temi, afferma di voler ripartire dall'ordine del giorno votato dal Parlamento. E il Parlamento si è impegnato a mettere un limite al procedimento, come richiesto dal principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Niente a che fare con la prescrizione disegnata da Alfonso Bonafede che ascolta in silenzio: un tempo illimitato dopo il verdetto di primo grado.

Bisogna cogliere i dettagli per individuare le possibili traiettorie di un ministro che si muove in modo felpato, quasi minimalista per stemperare le tensioni. L'esordio del Guardasigilli davanti alla Commissione è dunque un'analisi senza voli pindarici, proclami o bandiere da sventolare.

Sul Csm spiega di voler mettere mano alla legge elettorale, ma non specifica quale strada percorrerà e si guarda bene dallo sponsorizzare o anche solo nominare l'ipotesi dell'elezione per sorteggio.

Il confronto tocca tanti temi, forse pure troppi: le nuove carceri, il concorso per entrare in avvocatura, l'arretrato e il ruolo, assai controverso, della magistratura onoraria. Il tutto sullo sfondo del Recovery Plan, dei miliardi in arrivo dall'Europa, della sempre evocata digitalizzazione.

Qualcosa fa capire, qualcosa no, per ora si vede solo il cantiere in movimento. O poco più. Si tiene in bilico: «Vanno verificati i lasciti del governo precedente». E ancora: «Esaminare e valutare quanto dell'esistente meriti di essere salvato e all'occorrenza modificare. Il lavoro va arricchito anche alla luce del carattere così ampio di questa maggioranza. Senza trascurare le proposte dell'opposizione». Oggi infatti il ministro incontrerà Giorgia Meloni, unica o quasi voce fuori dal coro.

Alla fine però Cartabia dà un indirizzo: «L'impegno assunto con l'ordine del giorno sulla prescrizione ad assicurare una durata media dei processi in linea con quella europea deve essere onorato». Insomma, la legge dev'essere riscritta. «Mi pare evidente la discontinuità rispetto all'epoca Bonafede - nota Pierantonio Zanettin di Forza Italia, ex membro del Csm - anche se siamo solo all'inizio». Poi però il ministro prova a sminare la querelle inserendo la tessera nel grande mosaico del nuovo sistema penale: «Un processo dalla durata ragionevole risolverebbe il nodo della prescrizione, relegandola a evento eccezionale».

Avanti, dunque, senza coltivare illusioni: «Sarebbe sleale impegnarsi nel contesto attuale con programmi inattuabili». E però il catalogo degli argomenti da studiare è chilometrico: dalla giustizia riparativa all'architettura penitenziaria, fino all'esame per avvocato: «I quiz a risposta multipla sarebbero stati umilianti». Quindi non ci saranno. Per il ministro, che battezza i gruppi di lavoro sul penale e civile, si deve comunque correre. Anche sul versante del Csm, dopo la «non commendevole» vicenda Palamara: l'ordine giudiziario deve recuperare «prestigio e credibilità».

Anche se, è la conclusione, nessuna legge sarà sufficiente per superare una crisi che ha radici antropologiche più profonde.

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