Ecco chi sogna la morte di Israele

La Albanese non conosce la storia e neppure la cronaca; le sue fonti sono il ministero della Sanità di Hamas, l'agenzia stampa palestinese Wafa e le Ong. Sugli ebrei, la sua opinione è molto simile a quella dei suoi predecessori, storici antisemiti

Ecco chi sogna la morte di Israele
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Francesca Albanese non ricopre il ruolo di "relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati" in quanto esperta o ricercatrice. Lo dimostrano i suoi rapporti sul Medioriente costruiti solo sulla base delle testimonianze delle sue Ong preferite. Al contrario, ricopre il ruolo in quanto progressista negazionista.

La Albanese non conosce la storia e neppure la cronaca; le sue fonti sono il ministero della Sanità di Hamas, l'agenzia stampa palestinese Wafa e le Ong. Sugli ebrei, la sua opinione è molto simile a quella dei suoi predecessori, storici antisemiti: si ferma a soldi, potere, lobby e razzismo. E come lei, banali e molto ovvi, quasi tutti i talk show e le testate italiane e internazionali. Al contempo, quando la "sua" parte compie i gesti più mostruosi che mente umana possa immaginare, la Albanese è cauta e dubbiosa. Logico, altrimenti come potrebbe restare una persona perbene e una funzionaria delle Nazioni Unite se approvasse lo stupro e la mutilazione di massa?

La "sua" parte fin dal 1948 rifiuta una soluzione negoziata e chiede che Israele sparisca al grido di "from the river to the sea", dal fiume al mare, ma lei non lo sa. È ovvio che la sua idea di legalità internazionale sia farlocca, ma la Albanese non cessa di riaffermarla cercando consenso. Il problema è che lo trova. È un consenso che si alimenta dei miliardi del petrolio, e senza alcun contraddittorio sentenzia: "Io ho ragione, tu hai torto; tu sei di destra, io sono contro il colonialismo". Che a dire il vero non c'è, ma a chi importa la realtà?

Albanese si è ritrovata sulla cresta dell'onda woke, trasformata in incitamento al terrorismo e alla violenza. Abbastanza per farla candidare al Nobel per la Pace, secondo i suoi supporter progressisti. Non è strano: chi la sostiene si sente buono, anti-imperialista. Al tempo in cui il comunismo era l'ideologia in nome della quale si compivano i peggiori massacri di massa, il Nobel - seppur per la Letteratura - lo ricevette Dario Fo.

La farsa continua oggi: Albanese è accovacciata comoda nel nido della sinistra e nelle istituzioni internazionali, a partire ovviamente dall'Onu per cui lavora. È la diva indiscussa della conferenza di Bogotà, che raccoglie 30 Paesi (tra cui Cina, Qatar, Spagna, Sudafrica, Algeria e Indonesia) impegnati a chiedere l'isolamento di Israele. E la sinistra italiana, povera di leader, ha trovato in lei la sua ennesima bandiera: il sindaco di Bari le ha offerto le chiavi della città, un consigliere di Firenze - la mia città! - le vuole dare la cittadinanza onoraria e i big del "campo largo" difendono il suo "diritto di parola".

L'Onu ha scelto la Albanese con il suo curriculum di conferenze tenute con Hamas, frasi antisemite, accuse su soldi e falsi accademici. Ma dietro di lei si cela l'immenso fenomeno che la crea e la definisce, ovvero la mutazione cieca della brava persona. Che ama i poveri e gli oppressi, che vede Israele come un progetto "coloniale aziendalizzato", una misera balla. Gli ebrei sono bianchi, dice: che importa se il popolo ebraico è l'unico indigeno millenario che mai ha lasciato Israele nonostante gli spintoni, se gli immigrati dai lager hanno strappato al deserto la terra, se ha sgomberato Gaza e gran parte del West Bank, se ha tentato dieci volte l'accordo: Albanese non lo sa, lei è una brava persona progressista e generosa, ama i poveri del terzo mondo più di se stessa, vuole benessere e democrazia, odia l'occupazione inventata. Loro sono la parte giusta della storia, possono chiudere occhi e mente. E continuare a non raccontare di quel 7 ottobre in cui i palestinesi bruciarono vivi i bambini e stuprarono le donne.

Già, perché nei rapporti dell'Albanese non c'è. Anche Greta Thunberg non ha voluto guardare quelle immagini. Si abbatte la statua di Cristoforo Colombo a San Francisco, si sradicano e si sporcano quelle di Churchill e Lincoln. Insieme alla storia, si cancella anche l'enorme forza omicida che Israele soffre da 75 anni, i missili, le decine di migliaia di trucidati nel terrorismo. Oggi Israele è costretto a combattere contro chi vuole distruggerlo. Stavolta dopo il 7 ottobre, sa che i nemici non vogliono affatto la pace, e non è disposto alla resa.

Il che risulta inaccettabile alle "brave persone" progressiste di cui Francesca Albanese è portavoce. Quelle che sognano una pace virtuosa e felice, da celebrare sulla tomba del popolo ebraico.

Peccato, signora, Israele non ci sta.

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