A questo punto dovrebbe essere l'ultima parola, quella definitiva. Ma non è detto, visto che i genitori, tramite i loro avvocati, hanno minacciato di denunciare per «omicidio con premeditazione» i medici che fermeranno i trattamenti. Sta di fatto che ieri la Corte di Cassazione francese ha stabilito che l'ospedale di Reims potrà interrompere i trattamenti che mantengono in vita Vincent Lambert. In conformità con la legge Leonetti del 2016 sul fine vita, l'ex infermiere che è in stato vegetativo dal 2008 verrà sottoposto a sedazione profonda mentre verranno fermate l'alimentazione e l'idratazione. La corte d'appello di Parigi il 20 maggio aveva imposto la ripresa dei trattamenti all'uomo di 42 anni, vittima di un incidente stradale e diventato simbolo della battaglia sul diritto di fine vita in Francia, dove sono vietati eutanasia e suicidio assistito.
La Corte di Cassazione non si è pronunciata nel merito della questione, ma ha stabilito che la Corte d'appello non era competente per ordinare la sospensione della fine dei trattamenti. «Non ci sono più possibilità di ricorso, perchè non ci sono più giudici a cui rivolgersi. Niente si oppone ora all'arresto delle cure», ha detto l'avvocato Spinosi, legale di Rachel, la moglie di
Lambert che si è battuta per il diritto a una morte dignitosa del marito. Con lei si sono schierati la maggior parte delle sorelle e i fratelli di
Lambert, oltre al nipote François. Ferventi cattolici, i genitori di Lambert si sono battuti in ogni sede per impedire l'arresto delle cure che tengono in vita il figlio. Per loro Vincent deve essere considerato come un disabile, non in stato vegetativo.
I loro avvocati, riferiscono i media francesi, hanno minacciato di denunciare per «omicidio con premeditazione» gli operatori sanitari che fermeranno i trattamenti. I genitori non hanno nessuna intenzione di cedere: «La lotta per Vincent continua, non lasceremo sia assassinato», ha detto l'avvocato Jérôme Triomphe.
Secondo i racconti della moglie, invece, prima dell'incidente l'uomo le aveva detto di non volere accanimento terapeutico, ma non aveva lasciato direttive in merito.
Dopo una lunga battaglia legale, ad aprile il Consiglio di Stato aveva convalidato la decisione dei medici di interrompere alimentazione e idratazione, una scelta che a fine maggio avrebbe dovuto trovare applicazione. Invece un mese fa era arrivato il colpo di scena: la corte d'appello di Parigi aveva ordinato la ripresa delle cure accogliendo la richiesta dei genitori che avevano presentato un ricorso contro la decisione dei medici.
«Morirà di fame e di sete», avevano protestato, supportati dall'avvocato che aveva accusato: «È uno
scandalo assoluto, non hanno neppure potuto baciare loro figlio». La Corte di appello li aveva ascoltati ordinando il ripristino dei trattamenti per tenerlo in vita. Ieri la decisione che ribalta ancora una volta le cose.
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