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Cassazione "decapitata". Csm snobba la sentenza. "Confermare le nomine"

Dopo il ricorso di un giudice braccio di ferro tra Palazzo de' Marescialli e Consiglio di Stato

Cassazione "decapitata". Csm snobba la sentenza. "Confermare le nomine"

L'attuale Primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio - ovvero il magistrato più importante d'Italia - quando venne nominato dal Csm era in Cassazione da dodici anni? Bene, il suo avversario Angelo Spirito era lì da venticinque. Curzio aveva scritto 71 sentenze delle Sezioni Unite? Peccato che Spirito ne avesse scritte centosettantadue. Curzio faceva parte delle Sezioni Unite da sei anni, come scrisse il Csm? Questo non è neanche vero, Curzio era lì da meno di cinque anni. Comunque, Spirito era lì da più di dieci. Questi sono i motivi, comprensibili anche a un profano, per cui quattro giorni fa il Consiglio di Stato decapitò la Cassazione, annullando la nomina di Curzio (nonchè della sua «vice» Margherita Cassano) accogliendo il ricorso di Spirito e degli altri candidati, bocciati senza tante spiegazioni dal Csm. Ieri accade una cosa surreale: il Consiglio superiore della magistratura, infischiandosene della sentenza del Consiglio di Stato, nomina un'altra volta Curzio alla presidenza della Cassazione, e la Cassano al suo fianco. É una decisione che nei giorni scorsi è stata preannunciata negli ambienti del Csm come una sorta di difesa delle istituzioni: venerdì Curzio dovrà presiedere l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Se non fosse stata ribadita la sua nomina, a pronunciare il discorso inaugurale alla presenza del Capo dello Stato sarebbe stato un presidente dimezzato.

Così ieri la commissione incarichi direttivi del Csm, precipitosamente convocata, ribadisce la nomina: quattro sì e due no. Domani il plenum del Consiglio, convocato anch'esso di gran carriera, confermerà la nomina di Curzio. Nel frattempo la commissione dovrà scrivere di corsa le motivazioni per cui l'attuale presidente va preferito a un rivale con il doppio della sua esperienza. Agro il commento di Enrico Costa, ex sottosegretario alla Giustizia: «Il rispetto delle regole non interessa a nessuno».

Il problema è che nel frattempo è accaduto anche dell'altro: al Csm, dove avevano preso malissimo lo schiaffone ricevuto dal Consiglio di Stato, hanno pensato bene di replicare facendo circolare la notizia che l'autore della sentenza che azzerava le nomine aveva un debito di riconoscenza verso Angelo Spirito, il quale aveva fatto parte della commissione che lo aveva nominato. Ovviamente al Consiglio di Stato questa narrazione ha mandato su tutte le furie non solo l'autore della sentenza ma anche gli autorevoli colleghi che l'avevano firmata, e buona parte dell'intero consiglio. Risultato: due organi cruciali dello Stato si trovano impegnati in uno scontro frontale e furibondo.

Quindi accadrà quanto segue: venerdì Curzio farà comunque il suo discorso nell'imbarazzo generale, subito dopo Spirito accuserà il Csm avere emesso «delibere elusive del giudicato» e il Consiglio di Stato gli darà ragione, ordinando al Csm di azzerare un'altra volta le nomine.

Nel frattempo la Cassazione continuerà a restare senza capo.

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