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Cassese boccia "il governo dei giudici"

L'indagine impietosa del giurista sulle ombre delle toghe italiane

Cassese boccia "il governo dei giudici"

Ex ministro, giudice emerito della Corte costituzionale e insigne studioso in servizio permanente effettivo, un mostro di operosità scientifica, Sabino Cassese è dell'idea che un autentico giurista non può che essere un comparatista. Detto, fatto. Il suo nuovo libro, edito da Laterza, s'intitola Il governo dei giudici: musica per le orecchie dei garantisti. Il saggio non è un j'accuse alla Émile Zola, è molto di più. Con serenità olimpica l'autore mette in fila una gran quantità di citazioni, di dati e di numeri di modo che sia il lettore a tirare le fila.

Cassese articola il libro in due parti. Nella prima sottolinea con grande efficacia il mondo di ieri e lo stato dell'arte negli altri Paesi. Nella seconda parte indaga sulle tante ombre della nostra magistratura. Una volta i giudici erano la bocca della legge. Un potere neutro, il loro. Ma alla divisione dei poteri di un tempo è seguita la confusione dei poteri. Come una piovra la magistratura si è espansa dappertutto. Non si limita ad amministrare la giustizia e ad avere uno straordinario potere sulle persone e sulle cose. Ma ormai fa parte del potere legislativo perché crea diritto di continuo. E fa parte del potere esecutivo in quanto i magistrati sono magna pars nei ministeri, a cominciare da quello di via Arenula. Per non parlare delle cosiddette porte girevoli grazie alle quali i magistrati diventano parlamentari, sindaci, presidenti di regione per tornare al loro mestiere.

Cassese mette il dito sulle piaghe della magistratura. A cominciare dal familismo e dall'ereditarietà. «Ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri. La giustizia arriva troppo in ritardo per essere una giustizia equa». Per non parlare delle ripercussioni sull'economia, con i mancati investimenti stranieri... E poi abbiamo il nuovo potere dei procuratori, appena un quinto dei magistrati. E ormai si parla di una «Repubblica dei pubblici ministeri». Il Csm, poi, è diventato un organismo para-parlamentare incistato dalle correnti. Un organo, la magistratura, che ci costa un occhio della testa ma non produce granché.

Tant'è - ricorda Cassese - che «a metà 2020 i procedimenti pendenti civili e penali erano quasi sei milioni». Mentre francesi e tedeschi sono più fortunati. E la pessima qualità delle nostre leggi, una selva fitta e oscura, è uno stimolo a interpretazioni sempre più creative dei magistrati.

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