Gli eritrei e i siriani conoscono ogni angolo di Porta Venezia a Milano ancora prima di arrivarci. Senza averla mai vista sanno già muoversi esperti tra i palazzi di via Lazzaretto, via Panfilo Castaldi, via Lazzaro Palazzi, piazza Oberdan e via Vittorio Veneto, tra il bar Asmara e il «Ferramenta». È la porta per la libertà, l'ultima frontiera verso Germania, Olanda, per i più fortunati la Scandinavia. Sanno che sarà dura e il denaro, come sempre, farà la differenza. Raggiungere la Libia e imbarcarsi per la Sicilia per gli eritrei significa raccogliere soldi tra tutti i parenti sparsi per il mondo per intraprendere un viaggio che passa necessariamente per il Sudan e a piedi può durare anche due anni, con il pericolo concreto di finire tra le grinfie delle milizie di quello che è stato fino a poco tempo fa il paese di Gheddafi. I siriani - più benestanti grazie al denaro ma soprattutto a tanti preziosi - si muovono su voli di linea (diretti, per ordine governativo, solo in Libia) e alloggiano in alberghi o in case private. Una volta sulle coste del Mediterraneo, però, tutti - i poveri eritrei che parlano solo la loro lingua, il tigrino, e i siriani, più eleganti e buoni conoscitori dell'inglese - prenderanno tutti lo stesso barcone, una scommessa verso un'incognita ancora lunga e tortuosa, con un futuro incerto che potrebbe svanire tra le acque di un naufragio.
In Italia i controlli non ci sono, lo sanno tutti. I profughi infatti si servono del nostro Paese a loro uso e consumo, solo come una lunga autostrada più o meno costosa e accidentata che li porterà verso il Nord Europa. Così, quando qualcuno li chiamerà per discutere l'istanza di asilante che avevano compilato all'arrivo in Sicilia, prima di entrare nel centro catanese di prima accoglienza di Mineo, saranno già lontanissimi. È proprio qui da noi, in Italia, però che spenderanno la maggior parte dei loro quattrini: ogni passaggio, ogni richiesta, ogni indicazione, ha il suo costo. E non importa se le organizzazioni che li trasporteranno a bordo di furgoni o monovolume oscurati sono a base etnica, cioè costituite solo da loro connazionali: il bisogno impellente, la necessità, ma soprattutto il miraggio di lauti guadagni, azzera qualsiasi forma di solidarietà umana.
Usciti dal centro di Mineo raggiungono con taxi abusivi l'autostazione di Catania. Lì, dal lunedì al sabato alle 18.30, al costo di 80 euro a biglietto, parte un autobus di linea (in agosto sono due) con il quale, dopo una fermata a Bologna e circa 20 ore di viaggio, raggiungono l'autostazione di Lampugnano. «Ognuna di queste corriere ha 56 posti e sono sempre piene, quindi di questi tempi ogni giorno trasportiamo almeno un centinaio di profughi a Milano. A Bologna ne scenderanno al massimo 5 o 6, se hanno parenti, gli altri tutti qui vogliono arrivare. Sì, perché per il viaggio da Catania a Milano sono loro i nostri principali clienti» ci racconta Giovanni, 40 anni, da 12 conducente per la Segesta. «A molti viene detto che l'autobus li porterà direttamente in stazione Centrale e sono delusi quando arrivano a destinazione qui, ma poi sanno come muoversi, questo ve lo garantisco».
Vedere per credere. Venerdì abbiamo seguito due giovani fratelli eritrei, ragazzini che non hanno più di 16 anni, prelevati sulla banchina all'arrivo della corriera da Catania da un loro connazionale. Lo seguono in metropolitana, a Lampugnano. È lui che fa il biglietto per il metrò - un «aiuto» per il quale i fratellini gli allungano 10 euro a testa - quindi li conduce in stazione Centrale. Una volta lì altri 10 euro perché l'«amico» faccia loro il biglietto e li conduca fino al binario per farli salire sul treno: partiranno alle 16.25 con il Tilo (la linea dei treni regionali Ticino Lombardia) per Zurigo. Per questo tipo di operazione il connazionale prenderà alla fine al massimo 50-60 euro, ma i ragazzi rischiano di essere fermati alla frontiera svizzera. Il giro di denaro che conta, il traffico vero che garantisce quasi sempre di giungere a destinazione senza intoppi, però riguarda ben altre cifre.
Un nostro informatore interno alla comunità eritrea, che odia questo genere di sfruttamento in situazioni di emergenza e bisogno estremo, ce ne parla. «Una volta a Milano gli eritrei in particolare hanno due possibilità: con 450 euro a persona possono raggiungere la Svizzera a bordo di auto. Una volta al confine, ad esempio a Chiasso, il profugo viene lasciato andare a piedi, i valichi sul lato italiano sono ormai incontrollati e può anche rischiare di non imbattersi nel durissimo corpo svizzero delle guardie di confine. A quel punto, finché non viene scoperto, può sparire nell'anonimato più totale, nella clandestinità. Ci vogliono dai 650 agli 800 euro a testa, invece, per arrivare in Germania stipati in furgoni che prendono l'autostrada del Brennero e raggiungono tranquillamente Rosenheim, in Baviera, o Francoforte sul Meno. Chi, come molti siriani, viene invece imbarcato su voli per il Nord Europa, che magari fanno scalo prima a Madrid o a Barcellona con compagnie modeste per non dare nell'occhio, viene fornito anche di documenti falsi con l'obbligo, da parte dell'organizzazione che prepara il viaggio nei suoi dettagli, di distruggerli durante il volo in qualche modo. E non crediate che l'organizzazione in questo caso si nasconda chissà dove: la sera aspettano i profughi su auto all'esterno dei centri d'accoglienza del Comune dove qualcuno, infiltratosi in un modo o nell'altro, ha già fornito ai fortunati i documenti. In questi casi si possono pagare anche 1.000, 1.200 euro a testa».
Del resto gli autisti- passeur detti anche «scafisti di terra» sono quelli che rischiano di più: per il reato di favoreggiamento all'ingresso di un clandestino in un Paese straniero l'articolo 12 comma 3 del decreto legislativo 286/98 prevede anche fino a 15 anni di carcere. A Malpensa su questo fronte si lavora parecchio. In un anno la Polaria di Varese, preavvertita al momento del check in dalle compagnie aeree su qualche stranezza nei documenti presentati dal passeggero, ha impedito a circa un migliaio di profughi d'imbarcarsi per l'estero. Ma questa, come il grande lavoro del corpo delle guardie di confine svizzere, è un'altra storia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.