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"Cedere il Donbass non porterà la pace. Putin vuole l'Ucraina"

Il vescovo di Donetsk Maksym Ryabukha: "Non crediamo a Mosca. Sentiamo il sostegno del Papa"

"Cedere il Donbass non porterà la pace. Putin vuole l'Ucraina"
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Ci sono presuli per cui la definizione di "vescovi di frontiera" non è metaforica. Tra di loro c'è senz'altro monsignor Maksym Ryabukha, il vescovo greco-cattolico di Donetsk. Trovandosi nel cuore del conteso Donbass, il territorio della sua diocesi è occupato per metà dai russi. A lui abbiamo chiesto come la popolazione locale sta vivendo questi giorni di trattative sul piano di pace e la recente visita a Roma di Volodymyr Zelensky per incontrare Leone XIV e Giorgia Meloni.

Eccellenza, avete paura che il Donbass possa essere sacrificato nel piano di pace? Putin lo ha rivendicato come storicamente russo.

"Putin non si fermerà al solo Donbass: a lui interessa tutta l'Ucraina. Questa sua richiesta è solo temporanea per ottenere un cessate il fuoco e poi riorganizzarsi per combattere di nuovo. Il mio popolo non crede che un accordo simile possa portare ad una pace giusta e duratura perché ignorerebbe le persone che vivono nei territori occupati e la persecuzione dei cristiani che lì viene attuata".

Che reazione c'è stata nella sua diocesi a questo nuovo incontro tra Leone XIV e il presidente Zelensky?

"La figura di Leone XIV in questo momento così delicato rappresenta una grande speranza per tutti noi. I nostri governanti non sono molto religiosi e meno che mai cattolici. Eppure, come dimostra questo terzo incontro, vedono il Papa come un punto di riferimento per cercare insieme una pace giusta e gli sono grati per l'impegno a far rimpatriare i nostri bambini rapiti dalla Russia. Questo non è solo un atto di umanità ma anche di speranza perché rappresenta il ritorno del futuro nel nostro Paese".

Il Papa ha ribadito la disponibilità della Santa Sede a dare spazi per svolgere dei negoziati. Il popolo di Donetsk come vivrebbe questa possibilità?

"Se succedesse, sicuramente le reazioni degli ucraini delle nostre regioni sarebbero due: applaudirebbero e pregherebbero. Il popolo ucraino sente nel Papa un sostegno paterno ed è difficile non fidarsi di un padre, no?".

Di recente Leone XIV ha incoraggiato un ruolo dell'Italia nell'intermediazione per la fine del conflitto. Come giudicate uno scenario simile?

"Per noi ucraini questa è una proposta molto bella. Abbiamo apprezzato molto l'atteggiamento che il governo italiano ha dimostrato verso l'Ucraina con una posizione sempre molto chiara su questa guerra. Oltre alla capacità dell'Italia di agevolare il dialogo tra Ue e Usa sul conflitto, apprezziamo soprattutto il fatto che il vostro Paese è sempre stato dalla parte del nostro popolo aggredito".

Natale si avvicina: come vi preparate a questa festa nell'esarcato di Donetsk mentre altrove è in discussione il futuro del vostro territorio?

"Il tempo di Natale per noi è anche un tempo speciale di speranza. Perché a Natale nella nostra cultura la famiglia si ritrova tutta insieme e questo ci ridà il senso di solidità della nostra vita. Da noi si dice che le mura ti sanificano".

Zelensky ha regalato al Papa un presepe ucraino. Nelle vostre regioni riuscite ancora a fare il presepe?

"Non solo prepariamo presepi in tutte le parrocchie rimaste in vita e nelle case, ma facciamo anche i presepi viventi. Poi ci sono spettacoli che rappresentano la notte di Betlemme e la gente si immedesima nelle difficoltà della sacra famiglia.

Nonostante le bombe, le uccisioni, la perdita di case e così via non rinunciamo al Natale, lo consideriamo un momento toccante in cui i bambini imparano le canzoni tradizionali e vanno per le strade a cantarle. In questi giorni di trattative, l'avvicinamento al Natale ci rende ancora più chiaro che, a parte Dio, non abbiamo nessuno che ci può garantire la vita e la dignità".

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