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In cella per 15 mesi in attesa di giudizio. "Pittelli a digiuno adesso rischia la vita"

All'ex parlamentare azzurro negati i domiciliari per aver scritto una lettera al ministro Carfagna. La mobilitazione per salvarlo

In cella per 15 mesi in attesa di giudizio. "Pittelli a digiuno adesso rischia la vita"

Le vere battaglie di libertà sono quelle del vivere o morire in carcere, delle ingiuste detenzioni, dell'annoso e scandaloso problema della custodia cautelare che colpisce iniquamente tante persone. Questa è la storia di Giancarlo Pittelli (nel tondo), ma potrebbe essere quella di tante persone giustamente, o ancor peggio ingiustamente, detenute, strangolate dalla gogna della custodia cautelare in carcere in attesa di giudizio. Per Giancarlo Pittelli, 69 anni, avvocato penalista di Catanzaro, ex coordinatore regionale di Forza Italia in Calabria, ex deputato e senatore di Forza Italia dal 2001 al 2013, il calvario è iniziato a Catanzaro il 19 dicembre 2019, quando è stato arrestato e spedito a Nuoro, nel carcere speciale di Badu 'e Carros, impedito di leggere (e con lui i suoi difensori) le migliaia (13.500, per la precisione) di pagine di un'inchiesta che si chiama «Rinascita Scott». Centinaia di persone in manette quella notte (nel giro di pochi giorni 68 indagati erano già scarcerati e altri ancora nelle settimane successive e i reati piano piano sgretolati). Un processo con tante ombre e con un problema di genuinità di intercettazioni che nelle intenzioni del procuratore Nicola Gratteri avrebbe dovuto dargli molta notorietà. Messo ai domiciliari, successivamente, il 19 ottobre 2021, è stato posto di nuovo sotto custodia cautelare in carcere con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa riguardo ad un traffico di rifiuti gestito dalla cosca 'ndranghetista Piromalli.

Pittelli, con la disperazione di chi si sente prigioniero per sempre, dal domicilio scrive una lettera alla ministra Carfagna, sua ex collega al Parlamento. Per chiedere aiuto, magari un po' di conforto. Ed è stato sbattuto di nuovo in carcere, a Melfi. Dalle sue lettere emerge oggi la voglia di finirla per sempre: ha iniziato un digiuno totale dal 12 gennaio che intende portare «fino alla fine». Si sente come uno che non ha più niente da perdere, dopo che gli hanno distrutto tutto.

Molti amici di scuola si stanno mobilitando per salvarlo iniziando anch'essi uno sciopero della fame. Enrico Seta, presidente del comitato promotore «Comitato promotore dell'appello per Giancarlo Pittelli» spiega che «queste inchieste giudiziarie hanno l'effetto di devastare il tessuto sociale dell'imputato e noi abbiamo il dovere di reagire e resistere a questo fatto. La parola chiave è l'aggettivo immutato: finché non c'è una sentenza, almeno di primo grado, la persona ha diritto a veder intorno a sé un tessuto di relazioni integro. Perché la società è fatta di queste cose. Vogliamo che Pittelli sia in buona salute e non ne abbiamo più la certezza. Lui vuole esser incontrato dal pm che lo accusa. In questa vicenda ci sono troppe anomalie».

Pittelli sta morendo in cella e in una settimana sono state già raccolte oltre 1.300 firme trasversali alla politica e alle più disparate professioni. Tiziana Maiolo, ex deputata di Forza Italia e oggi editorialista del Riformista, ha preso carta e penna e ha scritto al ministro della Giustizia Marta Cartabia. «Io nemmeno credo di averlo mai conosciuto Pittelli - spiega -, ma ho scritto questa lettera per sensibilizzare la ministra sul problema della custodia cautelare in carcere che è scandaloso in Italia. Al di là che uno sia colpevole, o ancor peggio innocente, è una misura barbara che va a pesare sui due maggiori problemi della giustizia: la lunghezza dei processi e il sovraffollamento delle carceri». La Maiolo ricorda che Pittelli è rimasto nel carcere speciale di Nuoro dieci mesi, in isolamento totale e senza mai essere interrogato dal suo giudice naturale. «Signora ministra, non le sto parlando di privilegiare un mio parente o amico.

Le sto lanciando un grido d'allarme su un detenuto in attesa di giudizio».

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