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La narrazione che "tutta" la politica sia stata commissariata forse è un po' di parte. La Lega bussava da un anno e ormai aveva perso ogni speranza, mentre ora siede al tavolo

Il leader della Lega Matteo Salvini
Il leader della Lega Matteo Salvini

La narrazione che «tutta» la politica sia stata commissariata forse è un po' di parte. La Lega bussava da un anno e ormai aveva perso ogni speranza, mentre ora siede al tavolo. Meloni neanche ci pensava di potersi intestare l'opposizione responsabile. I forzisti poi, da quando non si tira a destra ma si spinge al centro, si sono ritrovati d'emblée alla guida del gruppo. No, a essere mandati dietro alla lavagna, obbligati a accettare non solo Draghi a scatola chiusa ma addirittura Salvini e Berlusconi, sono i politicanti per caso, che dopo essersi lasciati suicidare da Renzi hanno messo delle toppe peggiori del buco.

Se a destra hanno fiutato che l'estremismo è un filone esaurito e cercano di conquistare gli elettori moderati di Forza Italia, a cui punteranno pure Renzi e Calenda, a sinistra invece si guardano l'ombelico. Il Pd, invaghito degli elettori 5S, ha optato per la consueta fuga dalla realtà, con i torcimenti di pancia sulle quote rosa e rilanciando gli evergreen dei diritti civili, dall'omofobia alle famiglie arcobaleno, fino allo ius soli o culturae, portato al tavolo di Draghi direttamente dall'ideologo Landini. Il messaggio è chiaro: continuiamo a rivolgerci a chi non ha problemi economici. Quelli col posto fisso intoccabile o comunque con un reddito abbastanza garantito, che possono agitarsi per le grandi questioni ideali. Sì, abbiamo sentito di una crisi devastante, ma niente per cui valga la pena sporcarsi le mani. Ora, se una simile agenda politica faceva sorgere dei dubbi in tempi di normale mancata crescita, adesso davvero pare impossibile proporla ai cittadini senza aver prima ingerito qualche sostanza forte. Se fossero lucidi, capirebbero che la gente ha altri problemi, tanti hanno perso il lavoro, altri lo perderanno e lo sanno, chi lo conserva sa bene che la sua attività, quale che sia, sta subendo un calo forte: primum vivere, deinde philosophari.

Lo stesso Salvini, che pure ha costruito su questi temi un consenso nazionale, ha ben capito che prendere a calci i migranti non gli porterebbe più quei voti, che serve altro. Così ha rimesso il timone sull'elettorato tradizionale, quel Nord produttivo che l'ha richiamato all'ordine, suggerendo di far la pace con chi conta a Bruxelles per dire la sua sui miliardi in arrivo. Anche perché la prateria elettorale ce l'ha verso il centro, a cui non può parlare in felpa ma con la cravatta.

Pure la sorella d'Italia ha puntato sul look upper-class per parlare da statista responsabile e moderata, avendo fiutato che al prossimo giro con intelligenza potrebbe fare il gran salto. Dopotutto, è in quota rosa.

Che dire dei fenomeni a 5S, se non il solito vuoto? Nella culla della cristianità, qualcuno dovrebbe ormai dire a chi li vota che il Movimento, come Babbo Natale, esiste solo nella loro testa, che i parlamentari-tengo-famiglia sono divisi tra chi gioca questa mano e chi si prepara già per la prossima, quando la rabbia dovrà essere di nuovo trasformata in voti, magari nel nome del Che de noantri, Dibba.

Uno schiumante Travaglio, che da solo varrebbe la pena dell'intera crisi, ha già iniziato a suonare la tromba della rabbia.

E dall'unico teatro aperto del Paese è tutto.

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