Cerea, quando l'ospitalità è una faccenda di famiglia

Il ristorante della Cantalupa è considerato un modello di accoglienza e il cuore di un vero impero gastronomico

Cerea, quando l'ospitalità è una faccenda di famiglia

Racconta Chicco Cerea che una sera una signora che aveva affermato con decisione di essere celiaca e per la quale - come sempre in questi casi - la cucina aveva attivato il codice rosso evitando di servire qualsiasi piatto contenesse glutine, vide passare a fine cena, come accade tutte le sere Da Vittorio a Brusaporto, il cameriere con i cannoncini da riempire di crema al momento. Ora, i cannoncini alla crema dei Cerea, per chi non li conoscesse, sono al di là del principio del piacere, una categoria a parte dello spirito gastronomico. E la signora di cui sopra, vistasi gentilmente ignorata dal cameriere di cui sopra, protestò: "E io?". Momento di sgomento. "Ma signora, lei è celiaca!". "E vabbè, un cannoncino dei vostri...".

L'episodio racconta più di tante altre stelle, forchette e onorificenze che cos'è Da Vittorio, il mito che avvolge certi gesti bianchi che qui diventano liturgia familiare. Proviamo comunque a spiegarlo. Diciamo che probabilmente non è il ristorante dove si mangia meglio in Italia, altrove c'è più avanguardia, più ricerca, più lavoro sulle tecniche e sugli ingredienti. Diciamo anche che non è il ristorante che traccia nuove mode, che vuole épater le bourgeois, che vuole scandalizzare, colpire e innovare. Semplicemente Da Vittorio è il benchmark assoluto in Italia per quanto riguarda il senso dell'ospitalità, l'eccellenza del servizio, la cura del cliente. Mettiamola così: se volete sentirvi come nel ristorante di Ratatouille è qui che dovete venire.

Da Vittorio si trova a Brusaporto, a pochi chilometri da Bergamo, in località Cantalupa, immerso in un grande parco dove si nascondono anche le confortevoli stanze della Dimora per chi vuole trascorrere qui del tempo in più rispetto a quelle di una cena (anche perché la prima colazione, qui, da sola vale il prezzo del biglietto). Il ristorante è la scatola nera del sistema Cerea, una famiglia il cui nome è citato sempre con un rispetto che sconfina spesso nell'ammirazione per l'abnegazione e il piglio imprenditoriale. Mettetevi comodi: oltre al ristorante della Cantalupa ci sono un Da Vittorio anche a St Moritz e a Shanghai con la stessa cucina italiana di alto bordo, i bistrot DaV (due a Milano, uno nella Torre Allianz a City Life e l'altro da poco aperto in collaborazione con Louis Vuitton in via Bagutta, il terzo a Portofino), il caffè Cavour 1880 a Bergamo Alta, la Locanda Cavour lì accanto, lo spazio estivo nel monastero di Astino, l'Academy di cucina, un e-shop nel quale comprare prodotti selezionati. E poi c'è il catering, la macchina da guerra del gruppo, il migliore d'Italia per distacco, che loro amano definire un "prêt-á-porter gastronomico" per la capacità di trasformare ogni luogo in cui la brigata itinerante si trova a lavorare in un ristorante stellato con preparazioni dal vivo. Il motto di famiglia: uno standard che non flette mai.

La storia dei Cerea è una piccola ma affollata saga che ha origine nel 1966 quando Vittorio, con la complicità della moglie Bruna, apre un ristorante di pesce a Bergamo. Di pesce, ohibò? Ai piedi delle Prealpi? Negli anni Sessanta? La scommessa è quella: di Vittorio Cerea si può certamente dire che è colui che ha fatto scoprire il mare a una stazza di carnivori impenitenti. Con lui Bergamo entra nelle mappe (i navigatori arriveranno più avanti) dei buongustai (i gourmet e i foodies arriveranno più avanti) e alla fine degli anni Settanta anche quegli incontentabili e sciovinisti della guida rossa prendono atto della nuova geografia gastronomica lombarda e sganciano la prima stella (1978) che verrà raddoppiata nel 1996 e triplicata nel 2010. Nel frattempo però il ristorante ha una crisi di crescita, la sede originaria nel cuore della città orobica non basta più, e la famiglia si sposta nella vicina campagna, alla Cantalupa, in un luogo più a misura delle ambizioni della Cerea family, con tanto di ingresso nei circuiti Relais&Chateaux e Les Grandes Tables du Monde.

Oggi Vittorio non c'è più ma Bruna è ancora in piena forma, aria da gran signora ipercritica, che qui mica si gioca. I suoi cinque figli hanno preso in mano l'azienda e l'hanno ingigantita: Enrico detto Chicco, il primogenito, e Roberto detto Bobo sono i due chef, che si alternano tra le cucine di Brusaporto e i tanti eventi legati al marchio di famiglia. Francesco è il gran cerimoniere, pettina la sontuosa cantina, ha una parola per tutti in sala, si occupa della ristorazione esterna, dello sviluppo dell'azienda, non si muove foglia che lui non voglia. Più defilate le due femminucce: Barbara si occupa dei tanti progetti di charity, Rossella della sala e della Dimora.

In tutto ciò non ho ancora parlato di cibo. Che dire? La carta di Da Vittorio si muove lungo strade classiche, ogni piatto è una meraviglia di tecnica e opulenza. State pur certi che nel piatto finirà la migliore versione disponibile di ciascun ingrediente impiegato. Cito così, tanto per farvi venire appetito, il celebre Uovo all'uovo, una coppa Martini nella quale sono stratificati composta di mele Golden, uovo strapazzato, uova di quaglia poché, uova di salmone, spuma di patate e caviale Beluga; insistiamo con Gnocchi di baccalà e fagioli borlotti freschi, con il Bianco di branzino alla clessidra, con la Quaglia fritta croccante con la sua zuppa ed involtini cinesi. La celeberrima Cotoletta a orecchia d'elefante, che - occhio - va richiesta al momento della prenotazione. Potremmo elencarvi tutti i piatti. Ma non è mica da questi particolari che si giudica un ristorante.

Il ristorante lo vedi dal sorriso dei clienti, quando arrivano - perché arrivano, non serve ordinarlo - i Paccheri alla Vittorio mantecati in sala e perfino il sottoscritto si sottomette al rito di indossare il bavaglino antischizzo. Un sorriso che nemmeno un conto inevitabilmente importante riesce a spegnere.

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