La Chiesa vieta i funerali di Riina. Il pizzino della figlia: "Adesso tutti in silenzio"

Per i vescovi "era un pubblico peccatore". La famiglia non ha chiesto l'estrema unzione

La Chiesa vieta i funerali di Riina. Il pizzino della figlia: "Adesso  tutti in silenzio"

Nessun funerale pubblico. Ai vertici della Cei, non ci sono dubbi. «La condanna della mafia da parte della Chiesa è chiarissima»: così i vescovi italiani hanno sgombrato ogni dubbio sulla possibilità di celebrare le esequie per Totò Riina, il boss dei boss di Cosa nostra morto la scorsa notte a 87 anni all'ospedale di Parma, dove era ricoverato nel reparto di massima sicurezza.

«Alla Chiesa sta a cuore l'educazione delle coscienze, l'educazione alla legalità, sostenere le tante persone che alzano la testa contro la mafia», ha spiegato monsignor Ivan Maffeis, portavoce della Conferenza episcopale italiana, sottolineando che l'unica ipotesi possibile sarebbe «la presenza di un sacerdote per accompagnare con la preghiera la salma, che non si può negare a nessuno».

Ma il padrino di Corleone (che proprio il 16 novembre aveva compiuto 87 anni) non aveva una religiosità tale da far pensare che volesse una benedizione o il funerale in Chiesa. Ne è una prova il fatto che a quanto apprende il Giornale dai frati cappuccini della Cappellania dell'Ospedale di Parma dove era ricoverato Riina «non c'è stato contatto con la famiglia, né una confessione, né tanto meno l'estrema unzione. Non è stato nemmeno chiesto un accompagnamento con la preghiera nelle ultime ore di vita».

Per i vescovi italiani «c'è il Tribunale di Dio, al quale non ci sostituiamo, ma dobbiamo considerare anche l'importanza dei segni. E i funerali pubblici per Riina sarebbero un segno che confonde».

La decisione di non celebrare la solenne messa è stata confermata anche dall'arcivescovo di Monreale, nel cui territorio ricade Corleone, monsignor Michele Pennisi, perché dice «si tratta di un pubblico peccatore. Semmai, se i familiari lo chiedessero, si valuterà di fare una preghiera privata al cimitero. Con la morte di Riina è finito il delirio di onnipotenza del capo dei capi di Cosa nostra precisa l'arcivescovo - ma la mafia non è stata sconfitta e quindi non bisogna abbassare la guardia».

Niente funerali pubblici, quindi, vietati anche dal questore per motivi di «ordine pubblico». Saranno i familiari, una volta che la salma del boss sarà restituita, a decidere dove e quando seppellirlo.

Stessa linea per il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino: «Mi auguro, ma sono certo che sarà così che la morte di Riina non voglia dire abbassare la guardia». «La fatica di vivere ha aggiunto il numero due dei vescovi diventata ancora peggiore con la presenza della mafia e della malavita, possa spingere tutti ad assumersi le proprie responsabilità e a pensare che le cose cambieranno non solo perché è morto Riina».

La figlia maggiore, Maria Concetta Riina, ha pubblicato su Facebook una rosa nera come foto del profilo, e una foto di copertina di una donna con l'indice che indica il silenzio. E la scritta, come tatuaggio, «Shhh.», sul dorso del dito, chiedendo silenzio e rispetto per il padre che ha sempre descritto come «un lavoratore ingiustamente accusato». Un post che ha riscosso numerosi «like» con commenti di solidarietà e condoglianze. Frasi choc sono arrivate anche dagli anziani di Corleone, raccolte dall'agenzia askanews. «Totò Riina era una brava persona. Sentiremo la sua mancanza. Riina non ha mai ammazzato nessuno. Erano liti tra loro».

Dunque la famiglia Riina non avrebbe chiesto le esequie religiose. Il caso di Riina del resto è diverso da Bernardo Provenzano. Quando lo catturarono, nel 2006, trovarono la Bibbia sottolineata sul comodino, e il boss con al collo diverse catenine sacre. Nessun funerale nemmeno per lui, nonostante a fornirgli conforto negli ultimi giorni ci fosse l'allora arcivescovo di Perugia, monsignor Vincenzo Paglia, che spesso visitava il boss di Cosa nostra nel reparto del 41-bis al carcere umbro.

La salma di Provenzano fu cremata e al momento della tumulazione che avvenne di notte all'oscuro di tutti al cimitero di Corleone - ci fu una

semplice benedizione e una preghiera recitata proprio da monsignor Pennisi. L'arcivescovo di Siracusa, monsignor Giuseppe Costanzo, parlò di «una religiosità putrefatta, immatura e distorta, al limite della superstizione».

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