Le mani delle mafie incombono sull'immigrazione irregolare "travestita" di legalità, grazie al patto scellerato tra spregiudicati imprenditori e infedeli funzionari e servitori dello Stato che in questi anni ha sfornato migliaia di clandestini e irregolari.
Un meccanismo denunciato apertamente proprio dal premier Giorgia Meloni nel giugno del 2024 alla Procura nazionale antimafia e nato dal tavolo tecnico costituito per monitorare l'applicazione del decreto Flussi per il triennio 2023-2025. Come scoprì Palazzo Chigi, in alcune regioni ("su tutte la Campania", disse il premier) durante il click day si era registrato "un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari totalmente sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro, singoli o imprese".
Solo il 3% degli immigrati fatti venire in Italia attraverso questa procedura firmava regolari contratti di lavoro. Gli altri malcapitati - circa 40mila persone provenienti prevalentemente dall'Est asiatico - finivano vittima di un meccanismo costruito a tavolino di false assunzioni di migranti stagionali, in cui il sodalizio secondo gli inquirenti incassava i soldi dei lavoratori in cambio del permesso d'ingresso. Le 21 richieste di patteggiamento oggi confermano l'intuizione della procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri, che ha già recuperato 2,3 milioni di euro, sequestrati agli indagati allo scattare delle indagini e delle misure cautelari, tra cui un appartamento a Sorrento che sarebbe stato acquistato con i proventi illeciti.
La richiesta di patteggiamento presentata da alcuni agenti della polizia municipale, avvocati, poliziotti e una quindicina di imprenditori e l'accordo con la Procura dovrà essere valutata dal Gup. A capo dell'organizzazione, secondo i magistrati, ci sarebbero tre avvocati - ognuno dei quali era titolare di un Caf - che attraverso il il pre caricamento delle domande sui sistemi attraverso gli Spid di imprenditori compiacenti caricavano le domande dei migranti, ognuno dei quali "girava" al sodalizio circa 10mila euro in cambio del permesso di soggiorno. Secondo le indagini, alcuni esponenti del clan camorristico Fabbrocino avevano fiutato l'affare e si erano infilati nel meccanismo, a volte anche imponendo delle estorsioni. Chi non ha patteggiato ha deciso di essere processato in abbreviato, solo 4 indagati hanno scelto il processo ordinario.
"I fatti dimostrano ancora una volta come Giorgia Meloni avesse ragione", commenta soddisfatto il senatore e commissario FdI in Campania Sergio Rastrelli.
Anche a Roma a processo ci sono due funzionari della Farnesina e due imprenditori bengalesi, che avrebbero ammesso ai pm di aver creato un meccanismo simile, dimostrato anche dalle indagini della Gdf di cui il Giornale ha parlato nei giorni scorsi. Anche in questo caso a denunciare il sistema criminale è stato un parlamentare di Fdi, Andrea Di Giuseppe, che per questo è stato vittima di pesanti minacce.