A una settimana dalla batosta del Brexit l'Europa incassa un altro schiaffo. E che schiaffo. L'annullamento del voto che in Austria aveva sancito la vittoria alle presidenziali del verde Alexander Van Bellen e la sconfitta di Norbert Hofer, candidato del Partito della Libertà, promette d'anticipare il tanto temuto effetto domino e far tremare dalle fondamenta la fortezza Europa.
La decisione, annunciata ieri dalla Corte Costituzionale di Vienna, demolisce la credibilità dei fedelissimi del dogma europeista prontissimi nel salutare il successo di Van Bellen come la vittoria dei sinceri democratici su una destra xenofoba pericolosa per democrazia e progresso. Di fronte a dei «sinceri democratici» presi con le mani nel sacco molti incominciano a chiedersi se i sostenitori di Hofer siano i soli «impresentabili». E soprattutto se quelli di Van Bellen siano tutti «buoni» e «onesti». Certo nessuno ancora parla di brogli e truffe. «Le elezioni sono il fondamento della nostra democrazia e il nostro compito è di garantirne la regolarità», vagheggia il presidente della Corte costituzionale Gehrart Holzinger leggendo il dispositivo con cui accoglie il ricorso del Partito della Libertà di Hofer.
Il sospetto però aleggia. Se la Corte Costituzionale di Vienna, espressione purissima di quel blocco di potere democristiano e socialdemocratico irriducibile nel voler fermare il candidato antisistema, dà ragione a Hofer allora è inevitabile subodorare irregolarità pesantissime risultate inammissibili persino agli occhi dei più strenui sostenitori dell'ortodossia politica. Un dubbio non da poco per un'Austria che alle nuove elezioni, previste tra settembre e ottobre, potrebbe rompere definitivamente con il passato e regalare a Hofer una vittoria capace d'innescare pesanti conseguenze non solo per l'Austria, ma anche per l'Italia e il sistema europeo. Per quanto ci riguarda basta ricordare le sparate del governo a maggioranza democristiana e socialdemocratica di Vienna pronto, la scorsa primavera, a caldeggiare la costruzione di un muro al Brennero pur di togliere consensi ad un candidato anti-immigrati come Hofer. Sparate destinate a tornare d'attualità in vista del nuovo scrutinio.
Le conseguenze più dure per Bruxelles arriveranno però in caso di vittoria dello stesso Hofer. «Se la Ue continuerà a muoversi nella direzione sbagliata bisognerà chiedere agli austriaci se vogliono ancora farne parte», ripeteva Hofer dopo il referendum inglese annunciando il proposito di chiederne uno simile se Bruxelles non si autoriformerà entro un anno. Pur d'ottenere quel referendum, impensabile con un parlamento dominato oggi dalla coalizione socialdemocratica e democristiana, Hofer potrebbe dare un calcio al tabù d'una presidenza con poteri esclusivamente rappresentativi. Per farlo gli basterebbe metter mano all'emendamento costituzionale, datato 1929 e mai usato fino a oggi, che conferisce al Presidente il potere di licenziare il Cancelliere, sceglierne uno nuovo e sciogliere il Parlamento nel caso non si riesca a formare un governo con la maggioranza esistente.
Per immaginare il tracollo di quest'Europa non occorre, comunque, spingersi tanto in là. Già il successo di Hofer rappresenterebbe il primo sassolino capace di scatenare la valanga del «domino» europeo. In Italia una sua vittoria, preceduta dal non insignificante scandalo dei brogli, regalerebbe un'ulteriore legittimazione a Cinque Stelle e Lega pronti a bocciare, nello stesso autunno, le riforme renziane.
E quello sarebbe solo il prologo seguito a breve distanza dal trionfo in Olanda di Geert Wilder, il portabandiera delle politiche anti Europa e anti-immigrazione che i sondaggi danno come sicuro vincitore delle legislative del prossimo marzo. Per arrivare, ad aprile, a quelle presidenziali francesi che Marine Le Pen conta di vincere al grido di «Fuori dall'Europa».
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