Il governo, che fa molto per i lavoratori dipendenti con basso reddito con gli 80 euro e il Tfr in busta paga (che, tassato con le aliquote ordinarie anziché con quella ridotta conviene solo a chi ha tale basso reddito) infierisce sui pensionati. Li vuol rottamare? Essi, che non hanno gli 80 euro di bonus, rischiano di vedersi ridotta la pensione, dello 0,2% nel 2014 e per qualche altro anno ancora.
Ciò coinvolge chi è andato o andrà in pensione con il sistema misto retributivo e contributivo e poi con il solo contributivo. Infatti, il sistema contributivo che riguarda il calcolo della pensione per i contributi versati dal 1996 in poi, ossia negli ultimi 19 anni, prevede che la pensione venga ricalcolata, ogni anno, in base alla variazione del Prodotto interno lordo dell'ultimo quinquennio. Nel 2014 questo coefficiente di «rivalutazione» per la prima volta, dal 2000 non è positivo, ma negativo di 0,2: non è un coefficiente di rivalutazione ma di svalutazione! Ciò perché, nel quinquennio, il calo del Pil in termini reali supera il suo aumento in moneta corrente, in quanto l'indice di aumento dei prezzi negli ultimi anni, è molto basso.
La riforma delle pensioni del 1995 entrata in vigore nel 1996 non poteva prevedere che ciò sarebbe accaduto. Allora nessuno immaginava che l'Italia potesse trovarsi in una situazione di recessione nel Pil e anche di deflazione monetaria, come quella in cui ci stiamo trovando, a causa della testardaggine dei tedeschi e loro alleati che bloccano l'azione monetaria espansiva della Banca centrale europea. Sino a ora solo Silvio Berlusconi ha alzato la voce contro questa aberrante interpretazione della regola della stabilità monetaria.
Il governo e il Pd, che polemizzano sul livello del deficit con la Commissione europea, non hanno fiatato su questo punto. Gli altri si limitano alla sterile tesi per cui dovremmo uscire dall'euro ma non si preoccupano che le regole monetarie e del credito siano applicate correttamente. E questo, adesso, va a gravare sui pensionati attuali e futuri interessati dalla riforma Dini. Praticamente tutti e in misura crescente, con il crescere del numero di anni ai quali si applica il sistema contributivo.
Ciò è iniquo e dannoso dal punto di vista economico, perché genera incertezza sul futuro oltreché tagli al reddito attuale dei pensionati. Ad aggravare il danno ai pensionati, la legge di stabilità stabilisce l'aumento della cedolare secca sulle rendite dei fondi della previdenza integrativa dall'attuale 11,5 al 20 per cento. È una riduzione del rendimento del 9,5% annuo. Con un rendimento in moneta corrente del 3,75% medio, la perdita di rendita è dello 0,4% annuo. Capitalizzata, questa percentuale dopo 40 anni è l'1,6%.
Il governo, quando ha varato la legge di Stabilità, doveva sapere che ci sarebbe stato, per le pensioni contributive, il taglio dello 0,2% che si può ripetere. Ora bisogna che rimedi in fretta all'errore. La riforma delle pensioni serve per difendere il futuro dei lavoratori, non per rottamare i pensionati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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