La Meloni si toglie qualche sassolino dalle scarpe. E lo fa dal salotto televisivo di Giletti su La 7. È ancora lontano il tempo di una riconciliazione piena con gli alleati di coalizione. E non è così peregrina l'idea che nei prossimi dodici mesi Fratelli d'Italia stia non soltanto fuori dalla alleanza di un governo di unità nazionale ma anche fuori dalla cosiddetta «maggioranza Mattarella» che ha riconfermato il presidente uscente.
Quindi avanti con una lunga campagna elettorale. Agli alleati chiede garanzie precise facendo sorniona: «Non mi sembra che il Partito repubblicano americano sia alleato con i democratici». E il cahier de doléances è lungo anzi lunghissimo. «L'Italia - dice - è una nazione piena di diseguaglianze, con territori abbandonati. Un po' perché è più facile dire non ti posso salvare, al massimo ti do il reddito di cittadinanza». Il riferimento è a una sanità piena di limiti. Poi c'è il problema dei vaccini che in Italia - al tempo del Covid - sono considerati per la Meloni come la religione. «Non vaccinerò mia figlia - dice -. Mi spaventa il modo in cui affrontiamo il dibattito sui vaccini. Sembra quasi una questione religiosa. Mi preoccupa che chi ha dubbi venga trattato come un terrorista».
Il governo Draghi sta dimenticando le esigenze degli italiani: «Mentre i partiti della maggioranza pensano a dar vita ad alleanze innaturali per sopravvivere alle prossime elezioni e a nuove leggi elettorali pur di rimanere incollati alle poltrone, famiglie e imprenditori subiscono l'ennesima mazzata dovuta al rincaro di luce di gas». E questo nonostante i tanti moniti lanciati da Mattarella. Già, proprio quel Mattarella che rappresenta per la Meloni la pietra dello scandalo. La sua seconda elezione propri non va e ha determinato, questa sì, la crisi della coalizione. Che - come ribadisce la Meloni - è tutta parlamentare (per allontanare almeno lo spettro della crisi nelle amministrazioni territoriali e regionali).
La leader di Fdi lamenta il fatto che il centrodestra non ha «creduto nell'elezione di un patriota». Ero d'accordo sulla candidatura di Berlusconi. Avevamo un pacchetto forte di maggioranza relativa - racconta -. La condizione per convincere gli altri è che ti dimostri compatto nelle prime tre votazioni. Ma non è avvenuto e non per colpa nostra». La frattura sulla scelta di Mattarella, soprattutto da parte della Lega, resta incomprensibile. «Ma perché fare una scelta per l'Italia debba per forza significare votare uno del Pd? Non accetto l'idea che per essere rappresentabili da noi bisogna soltanto essere del Pd. Alcuni partiti di centrodestra all'atto pratico di fronte all'aut aut di Draghi hanno preferito scegliere l'alleanza di governo e non quella di coalizione. Hanno barattato sette anni di presidenza di Mattarella con un anno di legislatura».
Il centrodestra ha ragione di esistere - è il ragionemaneto che fa la Meloni - se è «alternativo alla sinistra altrimenti non ha senso. Il mio orticello sono milioni di persone che non vogliono essere governate dal Pd».
Anche sulla legge elettorale la Meloni ha parole definitive. «Una legge elettorale proporzionale - commenta - viene scelta da chi non cerca un modo di governare ma di turlupinare gli elettori con gli inciuci di palazzo.
E comunque non è detto che col proporzionale non si possa essere determinanti lo stesso». I numeri, almeno stando ai sondaggi, danno ancora il centrodestra in vantaggio e anche una legge elettorale proporzionale potrebbe darci la maggioranza in parlamento».
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