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Il Congresso non è una "Plaza de Toros". Così le urne infilzano matador e animalisti

Bocciati i toreri Abellan e Marin. E anche i rivali non ottengono l'elezione

Il Congresso non è una "Plaza de Toros". Così le urne infilzano matador e animalisti

(Madrid) A quanto pare sembra che sia più semplice afferrare per le corna un toro da una tonnellata, guardarlo negli occhi e bucherellarlo con le banderilla (piccole lance affilatissime), invece che farsi eleggere al Congresso di Spagna. Perché in politica non basta indossare un bel vestito di pagliuzze d'oro, un corpetto nero che esalta le spalle larghe e fare un balletto elegante davanti a una povera bestia morente e prendersi il consenso dell'emiciclo parlamentare, che non è di certo un'arena. Almeno sulla carta.

L'hanno capito, sulla loro pelle, i matador Salvador Vega e Miguel Abellán. Candidati, forse per noia o sfida, nelle liste del Partido Popular (PP), sono stati trombati senza pietà alle urne. Incornati dal disinteresse degli elettori. Vega era il candidato messo peggio: correva con il numero 12 a Malaga, provincia difficile, dove la formazione conservatrice ha strappato a stento due seggi. Un torero dato in pasto ai leoni, in pratica. Il collega Abellán, invece, occupava una posizione più rilevante, sempre con il numero 12, però a Madrid. Nulla da fare anche per lui, rimasto trombato e con la spada ancora nel fodero, per la gioia degli spagnoli schierati contro la corrida.

Ci ha provato anche Vox, che non poteva esimersi dal gioco: pensando che il Paese non poteva fare a meno di un torero nell'emiciclo del parlamento, tra tanti ingegneri, e avvocati, ha estratto dal cappello tale Serafin Marin. Del resto il partito guidato da Santiago Abascal è andaluso come la corrida, in una regione dove la tauromachia resite al disinteresse generale della quasi totalità degli spagnoli. Il 26 marzo, un giorno dopo l'annuncio dei Popolari di Miguel Abellán, i nipotini di Francisco Franco presentavano Serafin Marin, numero 3 nella lista a Barcellona. E, ovviamente, è finita male per Marin: trombatissimo, o meglio, incornato da urne ed elettori che l'hanno scartato, senza preoccuparsi dove andasse l'accento nel suo cognome e nome. Sfortuna ha voluto per Serafin che nella capitale della Catalogna la corrida è vietata, ritenuta un'organizzazione criminale che sfrutta e maltratta gli animali. Dal 2008 vige il divieto che ha allontanato tutti gli allevatori di tori. Al posto del povero Serafin è passato, invece, un afroispano per Vox, tale Ignacio Garriga, figlio di un'immigrata guineana. Pur avendo la pelle nera, Ignacio è risultato agli occhi dell'elettorato di estrema destra, più convincente del castigatori. Insomma è più spagnolo Garriga con i dreadlocks che il torero con le banderilla. Poi c'è la triste storia del banderillero Pablo Ciprés, capolista Vox a Huesca, terra di corrida da millenni. Nessuno l'ha preso sul serio.

Gli elettori spagnoli, tuttavia, hanno dato 41.200 preferenze a Silvia Barquero, presidente del partito animalista Pacma e alla collega Laura Duarte, che puntava alla Presidenza del Governo. Non hanno passato lo sbarramento e sono rimaste fuori.

Le due attiviste, però non disperano e puntano alle europee.

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