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"Finirà peggio di Monti". Perché Conte rischia grosso

La scissione del M5S è rimandata per i dubbi che lo stesso Giuseppe Conte avrebbe nel fondare un suo partito. Dubbi confermati anche da vari politologi

"Finirà peggio di Monti". Perché Conte rischia grosso Esclusiva

La scissione del M5S è rimandata. Beppe Grillo, dopo l'incontro con Fico e Di Maio, ha deciso dare una chance alla mediazione e Giuseppe Conte, suo malgrado, si è dovuto adeguare.

In realtà, come anticipato dal Giornale, l'avvocato di Volturara Apulla deve aver tirato un sospiro di sollievo perché le adesioni al nascente partito contiano hanno avuto un'improvvisa e brusca frenata, proprio com'era avvenuto col gruppo di 'costruttori' che avrebbe dovuto salvare il governo giallorosso. Conte teme di vivere il remake di un film già visto. I precedenti non sembrano essere a suo favore. “Sicuramente ci può essere una scissione, ma il caso Renzi è emblematico. Lui conta in Parlamento, anzi, è stato determinante per la caduta del Conte-bis però quale peso ha Italia Viva? Il 2-3%? Poi lo vedremo quando ci saranno le Politiche...”, dice a ilGiornale.it il filosofo Paolo Becchi che aggiunge: “Teniamo conto che Renzi è ancora in Parlamento e ha una sua storia politica alle spalle, mentre Conte è un miracolato che è stato messo lì nel primo governo gialloverde perché non era stata accettata la mia proposta della staffetta tra Di Maio e Salvini”. “Insomma, Conte è stato arrogante, si è montato la testa e ha creduto che bastasse avere il potere per fare ciò che voleva. Ora, invece, non è più nulla”, sentenzia l'ex ideologo del M5S che profetizza:“Sono convinto che il destino di Conte sarà peggio di quello di Monti che, da premier, ha fondato Scelta Civica, ha preso il 10% e ora? Ora è senatore a vita, ma del suo movimento non è rimasto niente”.

Salvatore Vassallo, direttore dell'Istituto Cattaneo diffida dei sondaggi che sono girati in questi giorni su un ipotetico partito di Conte perché “non è ovvio che la stima di una parte dell'elettorato che gode l'ex premier si tramuti in voti reali”. Ma “il caso di Monti dimostra che un presidente del Consiglio, senza partito, ci è arrivato. Poi, certo, tocca capire quanto respiro possa avere”, spiega Vassallo che aggiunge: “La storia ha dimostrato finora che gli ex premier tecnici che hanno fatto un partito hanno avuto qualche risultato nelle elezioni immediatamente successive, ma poi hanno avuto il fiato corto sia perché si rivolgevano a un elettorato volatile sia perché non hanno avuto la stoffa politica”. Per il sociologo Domenico De Masi, invece, Conte potrebbe avere un futuro politico proprio perché “ha dimostrato di avere la stoffa nel governare il Paese, che è cosa assai più facile che guidare un partito” però per ottenere dei risultati “farebbe meglio a schierarsi a sinistra del Pd. Lo spazio dei moderati, infatti “è già occupato dal Pd e Conte ora ha il problema di differenziarsi dal Pd”, puntualizza De Masi. Secondo Vassallo, Conte “potrebbe raccogliere una parte di voti grillini e una quota più piccola di voti dal Pd, ma potrebbe pescare voti anche tra gli indecisi e gli astenuti. Difficile che possa pescare nell'elettorato di centrodestra”. In realtà “non ci sono posizioni politiche così peculiari che potrebbero spostare gli elettori. È possibile - prosegue Vassallo - che ci sia un elettorato molto mobile che, in questo momento, sulla base della gestione della pandemia, considera Conte una persona alla quale si può dare fiducia”. Becchi pone in evidenza il fatto che l'avvocato del popolo abbia fin qui “cercando di ritagliarsi uno spazio politico scindendo il Movimento” dato che, generalmente, “le scissioni si fanno sui contenuti, mentre in questo caso sia Conte sia Grillo vogliono l'alleanza stabile col Pd”. “Dov'è, quindi, la differenza tra i due?”, si chiede Becchi che ricorda: “Il Pci si scisse dal Psi per aderire all'internazionale comunista, mentre stavolta non c'è alcuna differenza ideologica tanto è vero che si parlava di Conte come futuro leader del centrosinistra”. Il filosofo genovese, dunque, conclude profetizzando che “alle prossime elezioni sarà il Pd a fare il pienone dei voti perché, alla fine, tra la copia e l'originale, un elettore di centrosinistra voterà ancora per i democratici”. E aggiunge: “Per quale ragione dovrebbe votare Conte?”.

Ma se la spaccatura all'interno del M5S si dovesse davvero consumare, allora per il Pd si porrebbe un bel problema: con chi stare? “Se si dovesse votare col maggioritario, il Pd potrebbe allearsi sia con Grillo sia con Conte... Se si dovesse votare domani sarebbe un problema, ma dato che si voterà tra due anni la gente neanche si ricorderà più di queste liti”, dice sarcasticamente Becchi, convinto che ormai “dopo tutto quello che si sono detti non mi pare sia possibile una ricomposizione, anche se in politica tutto può succedere”.

“In ogni caso, per il Pd, sarà molto più complicato allearsi con i Cinquestelle, perché il centrosinistra ha perso l'opportunità di vincere prossime politiche già da quando è caduto il Conte-bis”, sostiene Vassallo che ribadisce: “Il giocattolo si è rotto da quando Renzi ha fatto cadere il governo e gli altri hanno minacciato le elezioni anticipate senza avere il coraggio di andarci realmente”.

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