"Così Mescolini non ha indagato sugli esponenti del centrosinistra"

Giovanni Paolo Bernini è stato uno dei due politici di centro destra indagati da Mescolini e poi assolti. E oggi si toglie qualche sassolino dalla scarpa

"Così Mescolini non ha indagato sugli esponenti del centrosinistra"

Le rivelazioni che l'ex pm Roberto Pennisi ha rilasciato in esclusiva nei giorni scorsi al Giornale hanno certificato ciò che in parte un anno fa la sentenza plenaria del Consiglio superiore della magistratura aveva sancito cacciando il magistrato Marco Mescolini dall'intera regione Emilia per incompatibilità ambientale dovuta ai rapporti con il Partito democratico. Giovanni Paolo Bernini è stato uno dei due politici di centro destra indagati da Mescolini e poi assolti. E oggi si toglie qualche sassolino dalla scarpa.

«Nell'aprile del 2019 racconta - scrissi un libro Storie di ordinaria ingiustizia" in cui già allora sostenni che quello del magistrato Mescolini nei miei confronti non era un errore giudiziario, bensì di un crimine giudiziario volto a nascondere sotto il tappeto le prove evidenti delle reali collusioni tra mafia calabrese e gli amici del partito, ad infangare gli avversari politici, meglio ancora se berlusconiani, a confondere l'opinione pubblica, e ad apparire davanti alle TV come eroi dell'antimafia ed infine a trarne beneficio in carriere personali».

Eh sì, perché il fatto che nella maxi inchiesta Aemilia non fosse coinvolto nemmeno per sbaglio un politico dem locale era un'anomalia inspiegabile, anche se il curriculum di Mescolini non lasciava ben sperare. «Stiamo parlando dice Bernini di un giovane magistrato che si toglie la toga per andare a fare il consulente nel Governo Prodi del 2006, poi rientra in magistratura e si vede affidata la più vasta operazione di contrasto alla mafia calabrese in Emilia Romagna: una mafia che aveva il fulcro degli interessi malavitosi proprio a Reggio Emilia dove non si muove foglia che il Partito democratico non voglia. Parliamo di un fiume di intercettazioni telefoniche ed ambientali che coinvolgevano esponenti locali e nazionali del Pd che sono state lasciate nei cassetti, ma pubblicate nel mio libro, e del premio per il magistrato che aveva graziato il Pd nel processo Aemilia, la nomina al vertice della Procura di Reggio Emilia grazie alle pressioni del Pd sul deus ex machina di allora, Luca Palamara».

Tutti i passaggi Bernini ce li ha scolpiti in testa. La speranza adesso è che il caso raggiunga i piani alti.

«La relazione - dice - dei servizi segreti Aisi, le varie informative del comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia, le intercettazioni telefoniche ed ambientali raccolte dagli organi di polizia che coinvolgono esponenti del Pd, i viaggi a Cutro di esponenti politici del Pd , l'acquisto di una casa dal cassiere del clan mafioso da un noto esponente del Pd e dalla moglie, di origini cutresi, funzionaria al settore urbanistica del comune di Reggio Emilia, alcune varianti urbanistiche adottate dal Comune di Reggio Emilia ed altro ancora, non lasciano margini di dubbio: Mescolini decise che il Pd non andava processato e per questo il Pd lo premiò».

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