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"Su Cutro ho la coscienza a posto". Meloni andrà in Tunisia e a Londra

La premier elogia Bergoglio, ma su migranti e Kiev restano distanze. Presto sarà in Tunisia e incontrerà "l'alleato" Sunak

"Su Cutro ho la coscienza a posto". Meloni andrà in Tunisia e a Londra

Una profonda comunione d'intenti nei toni e nelle parole, ma alcune innegabili distanze nella sostanza. La premier Giorgia Meloni e il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, intervengono insieme nella sede di Civiltà cattolica alla presentazione del libro L'atlante di Francesco, una mappa disegnata da padre Antonio Spataro - dei dieci anni di pontificato di Jorge Maria Bergoglio. Meloni parla a braccio per quasi quaranta minuti. Cita più volte le parole del Papa e le fa sue. Ma sull'immigrazione resta di fondo un distinguo di approccio, ancora più evidente sul conflitto tra Russia e Ucraina (non si deve confondere fra «invasione e pace», dice la premier, perché «se non aiutassimo l'aggredito non avremmo pace», ma la Santa Sede è «la più idonea a favorire una soluzione negoziale» e su questo «può contare sul nostro aiuto»). Il tutto con un'inspiegabile continuità con la sfortunata conferenza stampa della scorsa settimana a Cutro. Meloni, infatti, ci tiene a ribadire come la sua «coscienza» sia «a posto» nonostante sia stata «accusata di cose raccapriccianti». La premier, insomma, continua ad alimentare un equivoco che dopo la conferenza stampa in Calabria pareva chiarito. Nessuno, infatti, rimprovera al governo la morte di 79 migranti. Più banalmente si pone alla presidente del Consiglio una domanda inevitabile: trattandosi di un evento tanto tragico quanto eccezionale, cosa è successo al largo delle coste calabresi? Tutto fuorché un'accusa «raccapricciante».

Ma è piuttosto evidente che quello migratorio è un dossier che preoccupa non poco Palazzo Chigi. Anche perché nel vertice che si è tenuto ieri mattina con Meloni, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, il titolare della Difesa Guido Crosetto e i Servizi (in videocollegamento c'erano anche i vicepremier Antonio Tajani e Matto Salvini) è emerso chiaramente che nei prossimi mesi i numeri degli arrivi via mare sono destinati a salire vertiginosamente (di tre volte rispetto ai primi mesi del 2022) . Dopo la tragedia di Cutro, insomma, il rischio è che il capitolo migranti diventi politicamente parlando una vera e propria spina per l'esecutivo. E forse è anche per questo che la maggioranza ha iniziato a puntare il dito contro Vladimir Putin, responsabile di usare i migranti come arma contro l'Ue. Non proprio una novità, perché su questo fronte le relazioni della nostra intelligence sono allarmanti da tempo. Ma ieri sul punto hanno posto l'attenzione prima Crosetto («l'aumento esponenziale delle partenze fa parte di una strategia di guerra ibrida della divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia»), poi Tajani e infine la stessa Meloni («in Africa prendono piede i mercenari della Wagner»).

Nel suo intervento nella sede della rivista dei gesuiti insieme a Parolin, Meloni insiste molto sulle ragioni dell'accoglienza di chi è «rifugiato» e di chi ha «bisogno». Ma sottolinea come il punto sia soprattutto «aiutarli a casa loro» (non proprio la dottrina di Francesco che ha sempre teorizzato il «diritto alla migrazione»).

In quest'ottica la premier sarà presto in Tunisia («sto facendo il possibile per cercare di sbloccare un finanziamento del Fmi a Tunisi»), una delle rotte «calde» insieme a Libia e Libano. E sarà anche a Londra, subito dopo Pasqua. Una visita, quella al numero 10 di Downing Street, che servirà a cementare un comune sentire nell'approccio al dossier migranti. Il primo ministro inglese, Rishi Sunak, è infatti su posizioni vicinissime a quelle di Meloni.

Una linea «dura ma giusta», perché spiegava qualche giorno fa «non è etico che le persone muoiano in mare, come al largo delle coste italiane, sfruttate dalle gang criminali».

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