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Cospito detta le condizioni: stop al digiuno solo a casa

L'anarchico al giudice: domiciliari per me o per i malati al 41 bis. Il Pg: "È lucido, resti ricoverato"

Cospito detta le condizioni: stop al digiuno solo a casa

Si entra dall'atrio centrale dell'ospedale, si scende di un piano, si sbuca alla centrale termica. E ci si trova davanti alla scena di un carcere dentro un ospedale: muri blindati, secondini, sbarre. Qui, nel reparto di massima sicurezza dentro il San Paolo di Milano, si consuma ieri mattina il nuovo atto della drammatica storia di Alfredo Cospito, l'anarchico detenuto al 41 bis in sciopero della fame da cinque mesi. Il tribunale di sorveglianza si è trasferito qui, dove Cospito è ricoverato da quindici giorni per l'aggravamento delle condizioni di salute. Ha chiesto di andare ai domiciliari, la Procura generale gli ha già detto di no: perchè non è malato, ha scelto lui di non mangiare, e mandarlo a casa vorrebbe dire creare un precedente valido per qualunque altro detenuto, terrorista o mafioso che sia. Il tribunale deciderà domani, Ma Cospito è il primo a sapere che le speranze sono quasi nulle, la Cassazione in casi analoghi ha già dettato la linea.

Così nella stanza del carcere-ospedale si svolge un dialogo quasi surreale. Cospito è in sedia a rotelle, davanti ha il tribunale presieduto dal giudice Giovanna Di Rosa. Prende la parola, parla a lungo: è magro, provato. Ma, racconta uno che c'era, ha «piena gestualità». Rivendica la sua battaglia, attacca il 41 bis. Il giudice lo interrompe, gli fa domande, in una parola cerca di convincerlo a tornare sui suoi passi, a riprendere a mangiare. Il messaggio che il giudice manda al detenuto appare chiaro: gli spazi per una sentenza favorevole sono minimi, meglio fermarsi prima che sia troppo tardi.

Invece Cospito spiega che lui andrà avanti fino in fondo. Anzi, introduce una nuova mossa: si offre di riprendere a mangiare se al suo posto verranno tolti dal 41 bis altri detenuti, «persone anziane e malate che vogliono tornare a riabbracciare la propria moglie dopo 30 anni». É una condizione irricevibile, perchè a questi requisiti corrispondono oggi solo alcuni condannati per gravi fatti di mafia. Cospito lo sa. E con questa offerta torna a presentare la sua battaglia come una protesta generale e non personale, con l'obiettivo finale della cancellazione del trattamento di massima sicurezza dalle prigioni italiane.

In vista dell'udienza, sia la procura generale di Torino che la Direzione nazionale antimafia erano tornate a segnalare la pericolosità di Cospito, il suo curricuculum criminale, il suo ruolo di esempio per violenti ed estremisti. Ma ieri, in udienza, la Procura generale di Milano si ferma un passo prima. Il capo, Francesca Nanni, sceglie di andare personalmente in ospedale a rappresentare l'accusa. «Abbiamo dato parere negativo al differimento della pena per motivi di salute - spiega dopo l'udienza - per un motivo semplicissimo, senza stare a discutere della pericolosità del condannato o della gravità delle sue condizioni di salute o della legittimità del 41 bis. La giurisprudenza di Cassazione dice che non si può concedere la sospensione se la patologia è autodeterminata, come è sicuramente in questo caso. Altrimenti si incentiverebbero le richieste, troveremmo gente che si taglia per lasciare il carcere». Il no a Cospito, sottolinea la Nanni, non vuol dire trascurare la gravità delle sue condizioni: «Anzi - spiega - noi stessi abbiamo chiesto al tribunale di trasferire qui Cospito in pianta stabile, dove può essere soccorso immediatamente».

Le è parso determinato ad andare avanti fino alla morte?

«Mi è apparso lucido e determinato».

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