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Cospito deve restare al 41 bis "Qualcuno continuerà la lotta"

La Cassazione chiude alla revoca del carcere duro. Lui digiuna e smette di prendere gli integratori

Cospito deve restare al 41 bis "Qualcuno continuerà la lotta"

E adesso le possibilità che il caso di Alfredo Cospito arrivi ad un esito drammatico diventano decisamente concrete. L'ultima finestra, l'ultima chance che il detenuto anarchico aveva a disposizione per sperare di venire tolto dal 41 bis, il trattamento carcerario di massima sicurezza, si chiude ieri sera, quando nella cancelleria della Cassazione viene depositata la decisione dei giudici della Prima sezione. Il ricorso del difensore dell'anarchico viene respinto. La sentenza del tribunale di Sorveglianza di Roma che il 19 dicembre scorso rifiutò a Cospito l'attenuazione del suo trattamento carcerario resta in vigore a tutti gli effetti. Resta in vigore quindi il decreto dell'allora ministro Marta Cartabia, che applicò a Cospito il 41 bis a causa della sua pericolosità, e che il nuovo ministro Carlo Nordio aveva già confermato. Di fatto, in questo momento non esiste più una possibilità per il detenuto di ottenere la revoca. E Cospito, a meno di improbabili ripensamenti, andrà avanti a digiunare. «Questa sentenza è una condanna a morte», dice il suo avvocato. E lui, annunciando che smetterà di prendere gli integratori: «Spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta».

Per capire come la Prima sezione della Cassazione, presieduta da Angela Tardio, sia arrivata a respingere il ricorso di Flavio Rossi Albertini, difensore di Cospito, si dovranno attendere le motivazioni della sentenza. Le possibilità del detenuto di vedere accolto almeno in parte il suo ricorso erano sembrate crescere parecchio a partire dallo scorso 12 febbraio, quando anche il rappresentante dell'accusa, il procuratore generale Pietro Gaeta, si era espresso a favore del rinvio del fascicolo al tribunale di Sorveglianza di Roma per una nuova decisione. Secondo Gaeta i giudici romani avevano rifiutato la revoca del 41 bis senza indicare elementi concreti che dimostrassero la pericolosità reale dell'uomo, i suoi contatti operativi con ambienti eversivi tuttora attivi, la impossibilità di spostarlo dal 41 bis al circuito carcerario ad Alta sicurezza per accusati di eversione o terrorismo dove era detenuto fino al decreto della Cartabia. Anche la Direzione nazionale antimafia, nel suo parere, aveva riconosciuto che l'Alta sicurezza poteva essere sufficiente a tenere Cospito sotto controllo.

Per questo negli ambienti della difesa circolava un cauto ottimismo. Certo, il legale dell'anarchico aveva ribadito la richiesta di una revoca immediata del 41 bis, senza la necessità di una nuova decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma. Un altro passaggio, secondo il difensore, era del tutto superfluo, non essendoci contro Cospito nessun fatto nuovo in grado di colmare le lacune indicate anche dal procuratore generale Gaeta. Ma è chiaro che anche un successo parziale avrebbe costituito un primo segnale di apertura, e avrebbe potuto convincere il detenuto ad attenuare o sospendere il suo digiuno in attesa della nuova ordinanza. Invece niente da fare. L'ipotesi più probabile è che la Cassazione abbia deciso, come già in recenti casi analoghi di minor impatto mediatico, di non avere il potere di analizzare gli elementi concreti a favore o contro Cospito. Respingendo appena un mese fa il ricorso di Fabio Chiovaro, capo del mandamento mafioso della Noce, la Prima sezione (la stessa che ieri si è pronunciata sul caso Cospito) aveva scritto che le decisioni del tribunale di Sorveglianza sono annullabili solo nei casi «in cui la motivazione sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità». Anche nella vicenda dell'anarchico, evidentemente, la conferma del 41 bis - condivisibile o meno che fosse - secondo la Cassazione non era incoerente né illogica.

E Cospito viene anche condannato a pagare le spese di giudizio.

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