Guerra in Ucraina

Il Cremlino svela il ricatto nascosto. "Via le sanzioni e riavrete il gas"

Mosca ammette la correlazione tra lo stop a Nord Stream e le misure occidentali contro la Russia. Il metano sfiora i 290 euro (poi cala), la fiammata del petrolio. Giù le Borse europee

Il Cremlino svela il ricatto nascosto. "Via le sanzioni e riavrete il gas"

«Volete il nostro gas? Allora eliminate le sanzioni». Il Cremlino cala la maschera, e per la prima volta ammette la stretta correlazione fra l'interruzione dei flussi di metano dai tubi del Nord Stream e le misure di ritorsione decise dall'Europa. Con l'avvicinarsi della stagione autunnale che porterà il primo calo delle temperature, soprattutto nei Paesi più a nord, Mosca sembra voler alzare il livello dello scontro mentre l'Unione europea è ancora alle prese con l'eventuale definizione di un price cap e con l'adozione di un meccanismo di acquisti in comune per calmierare le quotazioni dell'oro blu. Due snodi cruciali, il primo in particolare, che potrebbero però rivelare una mancanza di coesione da parte dell'Ue che la speculazione non esiterebbe a tradurre come un segnale di debolezza.

Già così, la soglia di sopportazione del dolore da parte dell'Europa tende ad affievolirsi giorno dopo giorno. Alla favoletta sulla possibilità di un sollecito ripristino delle forniture dal gasdotto che dalla Russia faceva affluire il metano in Europa occidentale, non ci crede più nessuno. Soprattutto dopo che ieri il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ha detto che «sono proprio le sanzioni che impediscono la manutenzione delle unità, che impediscono il loro spostamento senza adeguate garanzie legali, che impediscono queste garanzie legali e così via». Di fronte ai flussi ridotti a zero, con la minaccia che la situazione di paralisi si protragga ancora a lungo, i mercati hanno tratto le conseguenze, spingendo i prezzi del metano fino a 284 euro, prima di una ritirata a 242 euro che, comunque, rappresenta un 12% in più rispetto ai livelli di venerdì scorso.

Il crescere dei timori che i folli rincari energetici possano presto trascinare l'Europa in una recessione severa ha inoltre innescato la caduta dell'euro sotto quota 0,99 dollari, il picco più negativo da vent'anni a questa parte, e provocato una serie di ribassi nelle Borse, con Milano calata del 2% e l'indice Stoxx600 collassato del 2,6% in una seduta orfana di Wall Street, chiusa per il Labour Day. A complicare le cose, la fiammata del petrolio che ha portato il greggio americano Wti a 89,18 dollari (+2,66%) e il Brent del Mare del Nord a 95,78 dollari (+2,97%), dopo la decisione dell'Opec+ di tagliare la produzione di 100mila barili al giorno. Di fatto, una riduzione dell'output che va a pareggiare l'incremento produttivo della stessa entità deciso all'inizio di agosto. Nonostante la risalita delle quotazioni sia benefica per la bilancia commerciale russa, il Wall Street Journal racconta che Mosca si sarebbe opposta al calo, poiché una minore disponibilità di oro nero potrebbe diminuire la sua influenza, in sede di determinazione dei prezzi, sui grandi acquirenti di petrolio asiatici. In realtà, quanto stabilito ieri non cambia di una virgola l'eccesso produttivo che è il tratto distintivo del Cartello allargato dei principali Paesi esportatori di petrolio. Dopo la severa revisione al ribasso dell'offerta imposta dalla pandemia, secondo i calcoli del Wsj è di tre milioni di barili al giorno il gap fra le quote di produzione assegnate a ciascun Paese e l'output effettivo.

In uno scenario sempre più perturbato a livello congiunturale e con l'inflazione che morde e non demorde, giovedì prossimo va in scena la riunione della Bce.

Le più recenti dichiarazioni dei falchi inclinano l'asse verso un aumento dei tassi dello 0,75%, ma la Bundesbank, anche per contrastare la debolezza dell'euro, potrebbe voler forzare la mano per ottenere una stretta di 100 punti base.

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