Economia

Crolla Mps, si pensa ai Padoan bond

In Borsa -20%. Goldman Sachs: alle banche italiane servono almeno 38 miliardi

Crolla Mps, si pensa ai Padoan bond

Capro espiatorio, sorvegliata speciale, cenerentola del sistema, «paziente zero» dell'epidemia bancaria in Piazza Affari. Le etichette in questi giorni si sprecano per il Monte dei Paschi che non esce dall'occhio del ciclone borsistico. Anzi, le raffiche della tempesta ieri si sono intensificate con il risultato che in due sedute di negoziazione il titolo Mps ha perso il 30% e ora capitalizza 777 milioni (lunedì ne valeva 981).

E' stata dunque pesante - e per alcuni analisti, sproporzionata - la reazione alla notizia della lettera inviata dalla Bce che ha chiesto a Siena di ridurre fino al 2018 il peso dei crediti deteriorati di 9,6 miliardi netti (da 24,2 a 14,6). Dopo il -14% di ieri, le azioni di Siena sono cadute di un altro 19,39% a 0,26 euro. Tanto che Consob ha disposto il divieto temporaneo alle vendite allo scoperto sul titolo per l'intera seduta di oggi. E come se non bastasse si sono registrate forti vendite dal lato dei possessori di bond subordinati con ribassi del 10 per cento.

Le preoccupazioni su Siena si trasferiscono anche su Carige (-8,8%), che deve vendere 1,8 miliardi di sofferenze entro due anni. In tenuta Bpm (+0,22%), Bper (+0,07%) e Unicredit (+0,72%), giù invece Banco Popolare (-3,8%) e Mediobanca (-3,2%). A inizio seduta il mercato ha reagito anche a un report sulle banche italiane pubblicato da Goldman Sachs secondo cui 38-40 miliardi di euro dovrebbero essere sufficienti per una pulizia del sistema. Il colosso Usa ha comunque rivisto al rialzo (consigliando l'acquisto dei titoli) il giudizio su Unicredit. L'istituto, ammoniscono tuttavia gli analisti di Goldman, ha bisogno di 6,7-9,6 miliardi di capitale extra per rafforzare il patrimonio mettendo al tempo stesso in conto delle perdite sui livelli di sofferenze in linea con i prezzi pagati sul mercato.

Gli occhi del mercato sono puntati sul negoziato fra Roma e Bruxelles. Ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha ricordato che «lo strumento precauzionale per la liquidità è a disposizione se necessario», riferendosi allo scudo da 150 miliardi già benedetto dalla Ue.

Fonti di Bruxelles, ricordano i testi comunitari a fare da bussola, o da griglia in cui è consentito muoversi senza far scattare il cartellino giallo della Commissione Ue. Un eventuale aiuto statale a una banca può scattare solo alla luce di uno stress-test, deciso a livello europeo o nazionale, che riveli necessità patrimoniali. In questo caso lo Stato può iniettare denaro non da investitore, ma da salvatore di ultima istanza. Per assicurare un impegno pubblico limitato, le regole europee prevedono il cosiddetto burden-sharing, la condivisione dei costi da parte degli investitori privati. A essere chiamati a partecipare alla ricapitalizzazione sono quindi gli azionisti e i creditori non privilegiati (junior creditors, in inglese). I primi assistono a una diluizione del loro capitale, mentre ai secondi viene imposto uno scambio obbligazione contro azione.

Senza dimenticare la direttiva Brrd, quella che ha introdotto anche in Italia il bail-in, che prevede il caso del «sostegno finanziario pubblico straordinario al fine di evitare o rimediare a una grave perturbazione dell'economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria». Tra i vari strumenti c'è anche la possibilità di una ricapitalizzazione pubblica limitata alla necessità di capitale stabilite nelle prove di stress» come quelle che l'Eba ha avviato e i cui risultati saranno resi noti a fine luglio. I nuovi test si concluderanno con delle pagelle ma senza una richiesta automatica di ricapitalizzazione come avvenne nel precedente round di esami prima dell'avvio della Vigilanza unica.

Per Mps, dunque, il Tesoro potrebbe lanciare nuove obbligazioni convertibili - chiamiamoli Padoan bond - da aggiungere alle munizioni caricate dal nuovo Atlante 2 per gestire l'emergenza npl. Il prezzo del salvataggio pubblico andrebbe diviso con azionisti e obbligazionisti.

Ovvero elettori che Renzi non può permettersi di perdere.

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