Dai tempi di accoglienza al diritto di asilo. Svolte e nodi del patto europeo sui migranti

Se anche il Parlamento darà il via libera, saranno finalmente scardinate le regole di Dublino che limitavano le ricollocazioni negli altri Paesi dell'Ue

Dai tempi di accoglienza al diritto di asilo. Svolte e nodi del patto europeo sui migranti
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È la prima e unica vittoria conseguita in dieci e passa anni da un governo italiano nel difficile confronto con l'Europa sul tema dei migranti. Ed è oltremodo importante e significativa. Nella complessa partita giocata giovedì durante il vertice dei ministri dell'Interno europei riuniti nel Lussemburgo la delegazione italiana, guidata da Matteo Piantedosi, è riuscita a cancellare due storici tabù. Il primo è quello di Dublino che c'imponeva la gestione permanente dei migranti irregolari. Il secondo è quello sul respingimento dei migranti illegali verso il Paese di partenza o d'origine. Il tutto in un clima d'intesa con Paesi come l'Olanda e l'Austria inflessibili, in passato, nell'affossare le richieste italiane Un'operazione diplomatica in cui è stato cruciale il ruolo del premier Giorgia Meloni impegnata parallelamente in un confronto con il cancelliere tedesco Olaf Scholz sui movimenti «secondari», gli spostamenti degli «irregolari» sbarcati in Italia e transitati illegalmente in Germania. Ma partiamo dalle regole di Dublino, il trattato che impone al Paese di primo arrivo il rimpatrio o la gestione dei migranti privi del diritto all'asilo. Fin qui le uniche possibilità concesseci dalle norme europee erano il (complesso) rimpatrio degli irregolari o il loro mantenimento vita natural durante. D'ora in poi, se anche il Parlamento Europeo darà il suo assenso, la responsabilità esclusiva del Paese di primo arrivo durerà solo 15 mesi. Che scenderanno a 12 se il migrante «irregolare» sarà arrivato dopo un salvataggio in mare. E se scaduti questi due termini il migrante sarà in un altro Paese non varrà più la norma, assai utilizzata da Berlino, che ci costringeva a riprenderci i cosiddetti «dublinanti». Ma sul fronte di Dublino la vera svolta è la rimozione della norma che limitava le ricollocazione negli altri paesi europei ai soli migranti meritevoli d'asilo. La dimensione italiana degli sbarchi, caratterizzati da oltre il 70% di irregolari, rendeva inutili, se non ridicole, le quote di redistribuzione concesseci dal 2015 ad oggi. La svolta consente anche di sfruttare al meglio l'obbligo giuridico alla solidarietà varato nel Granducato e inserito per la prima volta nei regolamenti Ue. Quell'obbligo garantirà un minimo di 30mila redistribuzioni annue fra migranti «regolari» e «irregolari» che il paese europeo di destinazione non potrà più rifiutare. E se la quota minima di 30mila ricollocamenti non sarà rispettata l'Italia potrà opporsi alla restituzione di un pari numero di «dublinanti», gli irregolari sbarcati in Italia, ma transitati in altri Paesi. Ma la vera rivoluzione cartesiana sarà la possibilità di concordare immediati rimpatri verso paesi terzi «sicuri» un'operazione considerata fin qui alla stregua dei «respingimenti». Per capire l'importanza della svolta basta pensare a quella Tunisia da cui arrivano ogni anno decine di migliaia di migranti. In Tunisia, a differenza della Libia, non si registrano però gravi violazioni dei diritti umani e non è a rischio l'incolumità fisica dei migranti.

Con le nuove intese sarebbero dunque accettabili degli accordi che permettano di rimandare indietro i migranti provenienti dalle coste tunisine. Accordi che potrebbe essere facile sottoscrivere se la mediazione del governo Meloni agevolerà la concessione a Tunisi dell'agognato prestito del Fondo Monetario Internazionale.

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