Un danno da un miliardo. Così feriscono il Paese per allungare il weekend

Sanità ferma, trasporti rallentati e scuole chiuse hanno bruciato l'8% del Pil prodotto in un giorno

Un danno da un miliardo. Così feriscono il Paese per allungare il weekend
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Lo sciopero generale di ieri, sponsorizzato dalla Cgil di Maurizio Landini, dai sindacati di base e dalla sinistra radicale con la complicità del Pd di Elly Schlein, può essere costato fino a un miliardo di euro al sistema Paese. Non è soltanto l'ennesima giornata di agitazione, ma un atto che interrompe servizi vitali, paralizza interi comparti e infligge un danno che va ben oltre le ventiquattr'ore di fermo. La segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, lo ha detto con chiarezza. "L'uso compulsivo dello sciopero generale rischia di svilire questo strumento di ultima istanza nelle relazioni sociali e industriali, facendolo diventare altro, qualcosa di slegato da proposte, obiettivi concreti e da risultati tangibili per milioni di persone che il sindacato rappresenta", ha dichiarato.

I numeri rendono evidente la portata del danno. Nel settore sanitario, secondo le stime di Quotidiano Sanità, in una sola giornata di sciopero saltano oltre 1,2 milioni di prestazioni, tra cui circa 15mila interventi chirurgici e 100mila visite specialistiche. È una voce che da sola vale almeno 579 milioni di euro. Ma non è solo una questione di bilanci: rinviare un intervento oncologico o sospendere una terapia per malati cronici significa peggiorare le condizioni dei pazienti, allungare i tempi di recupero e moltiplicare i costi futuri per il sistema. Il prezzo di questo sciopero non si misura soltanto in denaro, ma in vite più fragili e in fiducia perduta.

Altrettanto pesante è l'impatto su trasporti e logistica. I blocchi ferroviari e il fermo dei treni merci hanno un costo immediato che sfiora i 260 milioni di euro. Si tratta di stime effettuate dagli addetti al settore che tengono conto dei mancati ricavi per le aziende di trasporto costrette a rimborsare i biglietti o a vedersi scavalcare dall'auto a da altri mezzi per chi vuole effettuare un viaggio sommati ai disagi per la logistica. Nella filiera del just-in-time (inglese per "appena in tempo", espressione che indica come spedizioni e consegne oggi siano programmate con molta precisione; ndr) basta il ritardo di qualche ora per far saltare linee produttive, generare penali contrattuali e compromettere ordini internazionali. Porti e interporti paralizzati significano container fermi, approvvigionamenti bloccati e un'intera economia che si inceppa. Al danno industriale si somma quello sociale: pendolari immobilizzati, ore di lavoro bruciate, città congestionate da auto e autobus sostitutivi. Ogni ora di ritardo si traduce in produttività persa e in credibilità che l'Italia, Paese manifatturiero integrato nelle catene globali, non può permettersi di dissipare.

Il terzo fronte è quello della scuola e della pubblica amministrazione. Le aule chiuse obbligano milioni di genitori a restare a casa, riducendo drasticamente la forza lavoro disponibile. Parallelamente, il blocco di uffici pubblici e sportelli congela pratiche, autorizzazioni, permessi e perfino progetti del Pnrr, che già scontano una burocrazia che costa 100 miliardi l'anno alle imprese, come ricordato puntualmente dalla Cgia di Mestre. A questa frizione sociale ed economica, si possono attribuire (estrapolandone gli effetti negativi) altri 130 milioni di euro di perdite. E non va dimenticato il costo indiretto della sicurezza: piazze presidiate, cortei da monitorare, città bloccate e centinaia di agenti sottratti ad altri servizi.

Sommando questi tre capitoli sanità, trasporti, scuola/PA si arriva a circa 970 milioni di euro, una cifra vicina al miliardo che equivale all'8% della ricchezza prodotta in un giorno dall'Italia. Ma il conto reale è ben più alto: ciò che rende devastante lo sciopero generale è il suo effetto moltiplicatore. Un'operazione chirurgica rimandata oggi diventa una terapia più lunga e costosa domani; un camion fermo in porto rallenta catene produttive che si proiettano all'estero; un permesso edilizio bloccato oggi congela investimenti e posti di lavoro che si sarebbero potuti attivare.

Ogni frizione si traduce in sfiducia accumulata, in crescita mancata e in un Paese che scivola sempre più in basso nelle classifiche europee della produttività. Anche per colpa di uno sciopero che non ha nessuna valenza se non, come ha giustamente detto la premier Meloni, allungare il weekend.

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