C'è fibrillazione in Procura a Milano il giorno dopo la notizia choc dell'indagine della Procura di Brescia a carico del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro. Movimenti tra uffici al quarto piano, dove si trova la Procura, e anche tra il quarto e il terzo, dove ha sede la Procura generale.
De Pasquale e Spadaro, titolari dell'inchiesta Eni-Nigeria il cui processo di primo grado è finito con l'assoluzione di tutti gli imputati e che alcuni giorni fa sono stati oggetto di una perquisizione informatica alla ricerca di e-mail utili alle indagini, sono indagati per rifiuto di atti d'ufficio per non aver depositato materiale probatorio in quel processo. Agli atti di Brescia ci sarebbero anche «numerose» e-mail inviate tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021 dal pm Paolo Storari ai vertici del proprio ufficio, senza però ricevere risposta. Il magistrato, indagato a sua volta sempre a Brescia per la vicenda dei verbali segretati di Pietro Amara consegnati all'allora membro del Csm Piercamillo Davigo, segnalava la inattendibilità dell'ex manager Eni, e poi grande accusatore, Vincenzo Armanna. Il pm, interrogato a maggio a Brescia, avrebbe dichiarato che sentire ancora a verbale l'ex dirigente sarebbe stato dannoso per le indagini sul presunto «complotto» Eni, di cui era titolare insieme all'aggiunto Laura Pedio. L'inchiesta bresciana, coordinata dal procuratore Francesco Prete e dal pm Donato Greco, è nata proprio dai due interrogatori di Storari.
Storari ha spiegato di aver inviato a De Pasquale e Spadaro, e in copia a Pedio e al procuratore Francesco Greco, materiale che avrebbe dimostrato come Armanna, valorizzato dall'accusa nel dibattimento sul giacimento nigeriano, avesse costruito prove false per infangare i vertici del gruppo e per ricattarli. Materiale che i due pubblici ministeri non hanno messo a disposizione delle difese e del Tribunale durante il processo. Le omissioni riguardano una serie di chat alterate dall'ex dirigente e messaggi «depurati» per nascondere un presunto versamento di 50mila dollari all'ex poliziotto nigeriano Isaac Eke, anche lui teste dell'accusa. Le dichiarazioni di Storari sarebbero suffragate da prove, da qui l'iscrizione di De Pasquale e Spadaro. Spunta tra l'altro un messaggio con la richiesta da parte di Armanna a Eke di restituirgli 50mila dollari. Il che proverebbe il pagamento al testimone. La richiesta di restituzione sarebbe stata avanzata dopo che, nel novembre 2019, in aula l'ex agente non aveva confermato le accuse di Armanna contro Eni.
Nella nota firmata da De Pasquale e Spadaro, e inviata il 5 marzo al procuratore Greco e lunedì scorso consegnata anche ai pm di Brescia, i pm invece esprimono le proprie valutazioni critiche sul materiale trasmesso da Storari. In particolare, a quanto emerge, contestano la «legittimità procedurale» nelle acquisizioni delle chat dell'ex dirigente da parte dello stesso Storari. Nella nota di 11 pagine i due magistrati rispondono a una relazione, da loro definita «informale», inviata appunto da Storari a febbraio.
Greco nel comunicato di due giorni fa definisce anche lui «informale» il materiale del suo sostituto, oltre che «oggetto di indagini ancora in corso». Viene sottolineato infine come non sia certo che i 50mila dollari a Eke servissero a retribuire la sua testimonianza.
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