Cronache

Delirio dopo l'assalto alla statua. "Montanelli era uno schiavista"

La rivendicazione dei collettivi. E i pm già contestano il reato di "imbrattamento aggravato su cose storiche"

Delirio dopo l'assalto alla statua. "Montanelli era uno schiavista"

Cinque barattoli di vernice vuoti ed una bomboletta spray. Queste sono le uniche tracce lasciate dai teppisti che alle 20,20 di sabato sera hanno devastato la statua di Indro Montanelli all'interno dei Giardini che portano il suo nome, a pochi metri di distanza dal punto in cui l'allora direttore del Giornale venne gambizzato dalle Brigate Rosse il 2 giugno 1977. Al termine di una settimana in cui - sull'onda delle manifestazioni antirazziste seguite in America all'uccisione da parte di un poliziotto di George Floyd - la figura del grande giornalista è stata oggetto di attacchi senza precedenti, qualcuno decide di passare dalle parole ai fatti. La statua di bronzo che ritrae Montanelli mentre scrive a macchina viene coperta di vernice e sulla base del monumento ecco gli insulti: «Razzista stupratore».

La Digos interviene quasi subito, sequestra i barattoli abbandonati dalla squadraccia, parte la ricerca di immagini utili dalle telecamere della zona. Invano. Ma la lacuna viene colmata dagli stessi autori dell'impresa, che ieri pubblicano sulla loro pagina Facebook il filmato girato da uno di loro. Si vede l'ingresso in bicicletta, poi due che si dedicano all'operazione: senza troppa fretta, indisturbati anche se agiscono quasi in piena luce. Uno ha la felpa scura, l'altro rossa, indossano i guanti, sono irriconoscibili. Ma riconoscibilissimo è l'universo da cui arriva la rivendicazione: due sigle, Rsm e Lume. Sono gruppetti estremisti di studenti medi e universitari, protagonisti da sempre di manifestazioni «antagoniste» e di occupazioni. «Un colonialista che ha fatto dello schiavismo una parte importante della sua attività politica - dice la rivendicazione - non può e non deve essere celebrato in pubblica piazza».

L'inchiesta è affidata ad Alberto Nobili, il pm della sezione reati politici della Procura. È lo stesso che sta indagando su episodi non dissimili avvenuti nelle scorse settimane, le scritte di insulti al presidente della Regione Attilio Fontana e al sindaco Beppe Sala per la gestione dell'emergenza coronavirus: gli autori sono stati identificati, fanno parte dei Carc, una cellula comunista, e dei centri sociali antagonisti della periferia sud, ma non possono venire incriminati perché né Sala né Fontana hanno sporto querela.

Diversa la sorte che attende i responsabili dell'oltraggio a Montanelli. La Procura contesta il reato di imbrattamento, aggravato perché commesso «su cose di interesse storico o artistico»: e che Indro Montanelli faccia parte della storia d'Italia è indubitabile. Pena fino a un anno di carcere, e si procede d'ufficio. Quindi da oggi parte la caccia. Da un lato analizzando la provenienza dei barattoli di vernice, dall'altro incrociando le immagini con quelle degli attivisti di Rsm e Lume noti alla Digos. In totale ad operare dovrebbero essere stati quattro o cinque estremisti.

L'attenzione della Procura al deturpamento della statua del giornalista non è di facciata né di prammatica. Aldilà dei danni materiali (entro stasera il monumento dovrebbe tornare come nuovo) a preoccupare gli inquirenti è il clima d'odio che sembra montare in città, e di cui gli attacchi al sindaco, al governatore e ora a Montanelli sono considerati un sintomo. Un avvelenamento degli umori, in parte strascico del lockdown, in parte alimentato da chi si prepara a soffiare sul fuoco della crisi economica.

Dagli insulti sui social si è passati alle scritte sui muri e sulle statue.

Il passo successivo, di solito, è attaccare fisicamente i «nemici».

Commenti