Dell'Utri è in ospedale. In carcere si accorgono che è un malato grave

L'ex senatore ricoverato su iniziativa di Rebibbia: "Accertamenti". È sorvegliato a vista

Dell'Utri è in ospedale. In carcere si accorgono che è un malato grave

Ci sono voluti quasi quattro anni di carcerazione ininterrotta di Marcello Dell'Utri perché per la prima volta lo Stato italiano decidesse che una prigione non è il posto migliore dove un uomo nelle sue condizioni di salute possa venire curato. Da ieri mattina, l'ex senatore è fuori dal carcere di Rebibbia. A deciderlo non è stata la magistratura di sorveglianza, che appena otto giorni fa, contro le perizie dei medici della Procura, aveva rifiutato la scarcerazione per motivi di salute. A firmare il provvedimento è stato il funzionario che ha in prima persona la responsabilità della salute del detenuto Dell'Utri, la direttrice del nuovo complesso di Rebibbia, Rosella Santoro.

Così ieri mattina, scortato dalla polizia penitenziaria, Dell'Utri viene spostato al lato opposto della Capitale, al Campus Biomedico di via Alvaro del Portillo. Non è la scarcerazione che i suoi legali chiedevano da tempo, e anzi per alcuni aspetti il trasferimento peggiora le condizioni di vita dell'anziano detenuto: «È piantonato dagli agenti - racconta uno dei suo difensori, Alessandro de Federicis - non può uscire dalla stanza, non può andare all'aria, non può avere rapporti con gli altri ricoverati. In sostanza, non è una situazione che possa protrarsi troppo a lungo». Ma è comunque un segnale di attenzione, che va in controtendenza rispetto alle ultime decisioni.

A fare scattare la decisione della direzione di Rebibbia non è stato peraltro alcun fatto nuovo, non c'è stato un peggioramento delle condizioni né una nuova richiesta. Semplicemente, si è preso atto di quanto Dell'Utri sostiene da tempo: all'interno della struttura carceraria mancano gli strumenti adeguati non solo per la terapia ma pure per la diagnosi dei malanni che lo affliggono. «Accertamenti», è la motivazione ufficiale.

Per la moglie di Dell'Utri, Miranda, è una prima battaglia vinta: «Adesso spero che facciano a Marcello finalmente i controlli di cui ha bisogno, e che riguardano non solo le forme tumorali. Serve un check up completo delle sue condizioni di salute. Penso al glaucoma all'occhio, che è una patologia insidiosa, potenzialmente degenerativa perché può portare alla cecità, e per la quale a Rebibbia non aveva a disposizione nemmeno il collirio. L'ultima volta che ha finito il farmaco ci sono voluti due mesi per potergli consegnare la nuova confezione. Ma come è possibile? Siamo di fronte a dinamiche perverse, nei suoi confronti come in quelli degli altri detenuti, a una mancanza di umanità da parte dello Stato. Lo stesso Stato che ha la responsabilità di tutelare la loro salute».

Impossibile prevedere quanti giorni saranno necessari perché i sanitari del Campus Biomedico traccino un quadro clinico esauriente di Marcello Dell'Utri: un paziente in cui il guaio principale, ovvero il tumore alla prostata, convive con una grave cardiopatia e con un diabete cronico. In teoria, al termine degli esami i sanitari potrebbero indicare la necessità di cure più continue e specializzate di quanto sia possibile riceverne in carcere, e a quel punto si riaprirebbe la strada alla richiesta di Dell'Utri di un trasferimento in pianta stabile alla clinica Humanitas di Milano.

E l'ex senatore potrebbe attendere sotto cure adeguate l'esito della sua sfida più importante, il processo di revisione della sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, alla luce della sentenza europea sul caso Contrada.

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