Politica

Le derive giustizialiste del populismo

Sarebbe miope considerare patrimonio di un partito la campagna referendaria sulla giustizia

Le derive giustizialiste del populismo

Sarebbe miope considerare patrimonio di un partito la campagna referendaria sulla giustizia. Non sono i referendum della Lega e neanche del centrodestra: sono un'occasione unica per rendere il nostro paese un po' meno anormale. Una giustizia equilibrata preme a tutti, anche ai cittadini di sinistra: si tratta insomma di una questione che supera le divisioni partitiche, o almeno dovrebbe. Ribadito questo, ha ragione Salvini quando afferma che i referendum sono anche una via per fornire una nuova identità al centrodestra. È una questione che riguarda il passato del paese da un lato e il futuro dei moderati che, ricordiamolo, sono pur sempre, e da sempre, la maggioranza degli italiani. Per quanto riguarda il passato, la vittoria referendaria consentirebbe di chiudere con un passato che non passa, con una sorta di dopoguerra: laddove il conflitto fu Mani pulite, cioè la distruzione di un sistema politico a cui sono seguiti, a parte brevi parentesi, anni di caos. La Seconda Repubblica, poiché nata sui patiboli di una «falsa rivoluzione», come la chiamava Bettino Craxi, come tutti i regimi nati da un atto violento, non poteva che essere instabile. Se Mani pulite intendeva ridurre il livello di corruzione politica, in realtà i decenni successivi ne hanno visto un aumento. Segno che la corruzione non poteva e non può essere eliminata solo sottomettendo la politica alla magistratura, come è avvenuto con l'eliminazione dell'immunità parlamentare e soprattutto con la legge Severino. Il problema della politica e dei partiti è che faticano a reclutare classe dirigente all'altezza: e su questo la cappa giustizialista non solo non ha posto rimedio, ma ha peggiorato la situazione. La battaglia referendaria riguarda però anche il futuro del centrodestra. Se esso continuerà a esistere, o sarà garantista o non sarà. Sarebbe una sorta di «ritorno al futuro», perché questo era il centrodestra quando Berlusconi ne era il leader. Poi è stato investito da un'ondata populista che ne ha ridotto il profilo liberale e garantista. Il populismo è infatti giustizialista per sua natura: del resto, uno dei padri del populismo era Peron e il movimento peronista si chiamava «giustizialismo» non per caso (anche se non riguardava solo la magistratura). Abbandonare il giustizialismo e recuperare un garantismo liberale totale vuol dire al tempo stesso liberarsi del populismo. Che è una sorta di sostanza stupefacente: droga i consensi, i sondaggi, i like, magari anche i voti reali, ma poi disintegra la cultura di governo: le vicende dei 5 stelle e in parte della Lega dovrebbero ammaestrare.

Chi vuole un centrodestra in grado invece di governare un paese occidentale, non potrà quindi che sostenere i referendum: e sostenerli tutti.

Commenti