La storia di Vincenzo Lanni è (anche) la storia di una coperta troppo corta e di un sistema, sanitario e giudiziario, che sembra non essere mai sufficiente a risolvere le cose.
Lanni è entrato in carcere per un accoltellamento e, dopo anni di Rems e di reinserimento sociale, ha ri-commesso lo stesso crimine, mandando all'aria tutto il percorso di rieducazione fatto. Eppure dalla fine del 2024 non era più considerato "socialmente pericoloso". Ma gli educatori 4Exodus di Villadosia, la comunità in cui era ospite dal 2020, negli ultimi tempi avevano notato alcuni atteggiamenti che li avevano spinti a rivolgersi ai "servizi specialistici" che potessero supportare meglio Lanni. Un addio concordato quello dalla comunità, senza particolari strappi. Lo hanno accompagnato, o meglio, ci hanno provato: a metà tragitto Lanni ha chiesto all'educatore di scendere dall'auto (da uomo libero, ne aveva facoltà). E se ne è andato. Dopo poco era nell'hotel di Via Vitruvio di Milano e il resto è cronaca.
Il caso riaccede una polemica che da tempo circola sottopelle: quella sui percorsi di recupero e sulle Rems, le strutture sanitarie che (nell'era post Basaglia) accolgono gli autori di un reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Di Rems in Italia ce ne sono una trentina, con circa 680 posti a disposizione e oltre 700 persone in attesa di essere accolte. Persone che, per decisione del giudice, non possono tornare in libertà ma neppure restare in carcere, perché il loro reato è stato commesso in stato di incapacità di intendere e di volere. In teoria, dovrebbero essere curate. In pratica, molte restano per mesi in alcuni casi oltre un anno negli ospedali civili o nei penitenziari, in attesa che si liberi un posto. Succede ovunque, da nord a sud. "Dovremo forse riconsiderare anche una terza via tra il passaggio dalla pratica dei manicomi a quello che è avvenuto dopo. Una terza via - spiega il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi - vuol dire avere dei trattamenti di queste persone che tengano in maggiore considerazione anche esigenze di contenimento per la sicurezza dei cittadini".
"La terza via sono le Rems - entra più nello specifico Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia - che sono piccole e soffrono di problemi di finanziamento e di pianta organica. Probabilmente Piantedosi ha ragione, bisogna regolamentare meglio quello che si fa nelle Rems, dotandole anche di organico e pagando di più gli operatori. È ridicolo immaginare che un infermiere che lavora in una Casa di Comunità a Segrate, per lo stesso stipendio possa lavorare nella Rems di Castiglione delle Stiviere (ndr, dove è stato seguito Lanni) con questo genere di problematiche. Ci devono essere trattamenti diversi".
Nelle Rems ci finisce anche chi non ci dovrebbe stare. Come mai? Le carceri sono sovraffollate. Risultato: liste d'attesa, anche lì: 60 persone in attesa in Lombardia, 240 in Sicilia, 126 in Lazio. Nei casi disperati il malato psichiatrico viene indirizzato all'ospedale. E qui, se c'è posto, viene ricoverato (a tempo indeterminato) nel reparto del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Spesso anche quando è minorenne. E via, altre liste d'attesa e ricoveri inappropriati, fatti perchè non si sa dove "mettere" pazienti psichiatrici e/o criminali.
Il problema è che le richieste di presa in carico di persone con disturbi mentali gravi sono sempre di più, i posti e il personale sempre di meno. I servizi sociali dei Comuni non hanno il personale e le forze per assistere tutti. E sì, ha ragione Piantedosi: un intervento ci vuole, altrimenti rischiamo di lasciare per strada tanti altri Lanni.