Finalmente, grazie a quel Putin assai ammirato e corteggiato anche in casa grillina, Luigi Di Maio può rialzare la testolina, tristemente china dai giorni della batosta elettorale europea.
Il vicepremier grillino si prende la libertà di dare una lezioncina via Facebook al leghista: «Quando il Parlamento chiama, il politico risponde, perché il Parlamento è sovrano», recita. Il messaggio è chiaro: Salvini deve andare in aula a farsi «processare» politicamente sul Russiagate, cosa che il leghista vorrebbe proprio risparmiarsi. «Quando si ha la certezza di essere strumentalizzati, l'aula diventa anche un'occasione per dire la propria, difendersi e rispondere per le rime alle accuse, se considerate ingiuste», insiste Di Maio. È una «provocazione», come la definiscono nel Carroccio, ma non una vera minaccia: la Casaleggio non ha alcuna intenzione di far saltare il patto di ferro su cui si regge lo sgangherato governo Conte, quindi non infierirà sul ministro dell'Interno e se necessario lo salverà graziosamente, come sul caso Diciotti. Ma prima vuole togliersi la soddisfazione di umiliarlo platealmente almeno un po': nel gioco di ruolo (genere sado-maso) tra Lega e Cinque stelle, ora tocca a Gigino recitare la parte della «dominatrice», sia pur senza latex. Tornando ufficialmente a dettare l'agenda: su autonomia, flat tax, Alitalia, Ilva, giustizia eccetera, si farà come dicono i grillini e non come vorrebbe la Lega. In cambio, il titolare del Viminale verrà protetto dai contraccolpi peggiori del caso Putin: la proposta di commissione di inchiesta «sui finanziamenti a tutti i partiti», lanciata dai Cinque stelle per controbattere a quella del Pd, è fatta apposta per creare solo polveroni propagandistici e coprire la vicenda dei rapporti tra Lega e interessi russi.
A Salvini balla la terra sotto i piedi, i tentativi di disconoscere il fido Savoini scaricando su di lui le relazioni pericolose con i putiniani si sono rapidamente infranti sul muro dei fatti (e dei selfie). E allora, solo allora, la Casaleggio ha fatto partire l'ordine di prendere le distanze. Così il premier Conte ha cambiato versione sugli inviti al famoso banchetto con Putin: prima aveva confusamente addossato la responsabilità all'Ispi (che ha smentito), ieri invece il comunicato in cui si spiega che l'invito per il faccendiere venne chiesto dallo staff salviniano.
La gioia di poter tenere sotto scopa l'indebolito alleato trapela da ogni poro: «La vicenda va chiarita - dice il capogruppo al Senato Patuanelli - sarà la magistratura a fare le indagini, ma bisogna Savoini ha avuto un mandato o ha millantato? Ci aspettiamo risposte». A microfoni spenti, i commenti si fanno più velenosi: «Salvini non può pensare che un giorno dice di non conoscere Savoini e il giorno dopo escono i selfie, un altro giorno assicura di non essere stato lui ad invitarlo a villa Madama e poi si scopre che l'invito è partito da uno dei suoi più stretti consiglieri. Se è in buona fede si presenti in aula e spieghi tutto».
Salvini cerca di non ritrovarsi con le spalle al muro, e prova a spostare il tiro, per far capire che comanda ancora lui: oggi, fa sottolineare al suo staff, incontrerà le parti sociali al Viminale «per preparare insieme la manovra». In un anno e mezzo di governo, si compiace, «nessuno (sottinteso né Di Maio né Conte, ndr) ha avviato un confronto così vasto e serio».
Ma i grillini alzano le spalle: «Può vedere chi vuole, la manovra però la decide il premier». E intanto, con grande sollievo di Di Maio e Conte, la famigerata «finestra» per votare in autunno si chiude: «E Salvini è l'ultimo a volere le elezioni», sottolineano.
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